Cap. 4 – Il Medico di Continuità Assistenziale

Capitolo del Manuale per Operatori di Sanità Pubblica “Governare l’Assistenza Primaria”

Autore: Alessandra Buja

 

Indice del capitolo:

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Integrazione e valorizzazione del ruolo del Medico di Continuità Assistenziale

Il Servizio di Continuità Assistenziale (SCA), ad oggi, garantisce l’assistenza medica di base per situazioni che rivestono carattere di non differibilità, cioè per quei problemi sanitari per i quali non si può aspettare fino all’apertura dell’ambulatorio del proprio medico curante o pediatra di libera scelta. Il SCA, pertanto, garantisce l’assistenza medica di base  gratuita a tutte le persone, anche in età pediatrica, residenti nella regione. Nel 2012, secondo l’Annuario Statistico del Servizio Sanitario Nazionale, sono stati rilevati in Italia 2.893 punti di guardia medica con 12.027 medici titolari, ovvero 20 medici ogni 100.000 abitanti. A livello territoriale si registra una realtà notevolmente diversificata, sia per quanto riguarda la densità dei punti di guardia medica, sia per quanto concerne il numero dei medici titolari per ogni 100.000 abitanti. In uno studio condotto in una ULSS della Regione Veneto si è dimostrato come il tasso di accesso al servizio nel 2011 rispetto alla popolazione residente sia del 13,3% per le donne e del 11,6% per i maschi (1).

In realtà in Italia il SCA è stato per molti anni il servizio territoriale deputato alla gestione delle urgenze notturne e nei giorni prefestivi e festivi. Il Medico di Continuità Assistenziale (MCA) era dunque responsabile di una copertura assistenziale nell’ambito del sistema dell’emergenza-urgenza e quindi legato limitatamente a un concetto assistenziale di guardia medica.

Nella maggioranza dei Paesi Occidentali negli ultimi vent’anni, l’aumento di richiesta di assistenza e di cura nelle ore notturne e nei week-end (2) e la carenza dei MMG hanno indotto a modificare l’organizzazione delle Cure Primarie e quindi ad individuare nuovi modelli organizzativi per questo servizio.

Nei Paesi Europei sono stati realizzati diversi modelli organizzativi di Assistenza Primaria oltre l’orario di ufficio (Out of Hours – abbreviato OOH) affiancati o meno ai servizi di emergenza. Una recente revisione (3) ha individuato, nei 25 Paesi analizzati, otto modelli principali di organizzazione del SCA tra loro non mutualmente esclusivi:

  • Servizio garantito dal medico di famiglia, che si occupa dei propri pazienti anche nelle ore notturne e nei giorni festivi;
  • Rota Group: i medici di famiglia servono lo stesso bacino di assistiti facendo a turno per garantire l’assistenza OOH per i pazienti di riferimento;
  • Accesso dei pazienti ai primary care services, nei quali i pazienti possono essere visitati senza appuntamento. Questi centri possono essere aperti anche 24/24;
  • Walk in center: centri nei quali i pazienti possono accedere senza un appuntamento per malattie o traumi minori per ottenere una prestazione infermieristica;
  • Servizi garantiti da società private che impiegano medici per garantire la copertura nelle OOH;
  • Servizi di risposta telefonica attraverso un numero di telefono comune in tutto il territorio nazionale. Gli operatori che rispondono forniscono consigli telefonici o indirizzano il paziente ad altri servizi attivi;
  • Il Pronto Soccorso (PS) che funge da unico servizio attivo nelle OOH anche per i pazienti con bisogni di Assistenza Primaria;
  • Medici di Cure Primarie integrati nei servizi di PS, che operano quindi in un setting ospedaliero.

Indipendentemente dal modello organizzativo adottato, in molti Paesi è emersa la necessità di integrare maggiormente l’attività dei professionisti che operano nell’Assistenza Primaria, compresi i medici della CA. L’obiettivo proposto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (4) consiste, infatti, nel realizzare una maggiore integrazione dell’Assistenza Primaria, in modo che offra servizi complementari e non sovrapponibili per soddisfare ogni tipologia di bisogno assistenziale, limitando il ricorso inappropriato ad ospedalizzazioni o accessi in PS. Per questo motivo è necessario che i servizi di assistenza sanitaria primaria si avvalgano di strumenti organizzativi in grado di risolvere tutti i problemi gestibili a questo livello.

Anche in Italia l’ultimo ACN (Accordo Collettivo Nazionale) (5) definisce meglio il ruolo della continuità assistenziale nella risposta alla domanda di prestazioni assistenziali non differibili, ovvero di quei problemi sanitari per i quali non si può aspettare fino all’apertura dell’ambulatorio del proprio medico curante o pediatra di libera scelta.

L’ACN individua ulteriori bisogni assistenziali che possono essere presi in carico dal SCA, stabilendo nell’ambito degli Accordi Regionali, che i MCA che operano in uno specifico ambito territoriale, possono essere organizzati secondo modelli adeguati a facilitare le attività istituzionali e l’integrazione tra le diverse funzioni territoriali. Inoltre specifica che “lattività di continuità assistenziale può essere svolta in modo funzionale, nellambito delle équipe territoriali, secondo un sistema di disponibilità domiciliare o in modo strutturato, in sedi territoriali adeguatamente attrezzate, sulla base di apposite determinazioni assunte nellambito degli Accordi regionali”, e che “nellambito delle attività in equipe o di altre forme associative delle Cure Primarie, ai medici di continuità assistenziale sono attribuite funzioni coerenti con le attività della medicina di famiglia, nellambito delle rispettive funzioni, al fine di un più efficace intervento nei confronti delle esigenze di salute della popolazione”.

Si evince quindi come lo sviluppo dei compiti del MCA passi attraverso un’attribuzione di funzioni sempre più integrate con altre figure della medicina di base, in conformità con quanto dichiarato nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) che individuano i MCA come responsabili della erogazione del LEA distrettuale-Assistenza sanitaria di base. Dalla recente normativa appare quindi chiaro come, nell’ambito del Territorio, venga rivalutata la figura del MCA non solo per le specifiche competenze in quanto erogatore di assistenza nel periodo notturno-prefestivo-festivo, ma soprattutto come figura chiave per gli sviluppi organizzativi delle forme associative nell’ambito delle Cure Primarie.

Per questo motivo in diverse regioni sono state previste singole progettualità o più vasti modelli organizzativi che prevedono una rivisitazione del ruolo del MCA, non solo per la risposta ad una domanda qui ed ora, out of hour, per le prestazioni non differibili di cittadini affetti da patologie acute intercorrenti in un determinato territorio, ma anche come attore fondamentale senza cui diventa impossibile garantire la continuità delle cure (24 ore su 24 e 7 giorni su 7) a pazienti cronici e/o affetti da disabilità in carico all’Assistenza Primaria. Essi infatti possono sia esprimere bisogni collegati ad una patologia intercorrente che si esprime su un soggetto già fragile, che bisogni legati a riacutizzazioni della patologia cronica in corso, che potrebbero portare, in alcune condizioni, a ricoveri inappropriati o ad accedere in modo inappropriato ai servizi di secondo livello.

Lo studio prima citato (1), condotto dalla Università di Padova in una Unità Locale Socio Sanitaria Veneta (ULSS), ha infatti dimostrato come esista una domanda specifica e frequente di assistenza da parte di questi pazienti complessi.

Lo studio ha evidenziato come nella popolazione generale i tassi di accesso al SCA più elevati siano stati registrati nelle classi di età più estreme: ad esempio, per gli ultra 84enni il tasso è risultato del 40%, mentre nella popolazione delle età di mezzo (15-74 aa) i tassi documentati sono compresi tra l’8% e il 10%. Considerando però, nella stessa popolazione, il sottogruppo di soggetti con alti bisogni sanitari, ad esempio coloro che sono stati inseriti nel programma di Assistenza Domiciliare Integrata del tipo ADIMED (assistenza domiciliare da parte di un medico), questi mostrano un tasso di accesso pari al 115,8%. Anche i pazienti seguiti in un programma di Cure Palliative, ovvero sotto la diretta gestione del NCP (Nucleo Cure Palliative) aziendale, hanno presentato un tasso di accesso elevato, pari al 90%.

Nei pazienti invece oggetto di accessi programmati da parte del proprio medico, il tasso di accesso al SCA si riduce al 48,6%, dato comunque molto più alto di quello della popolazione generale. Nello specifico, per quanto riguarda gli accessi domiciliari, confrontando i soggetti in ADIMED con i pazienti non seguiti in ADIMED, si evidenzia una frequenza relativa maggiore per patologia respiratoria (12,7% vs 7,1%), patologia oncologica ed ematologica (6,9% vs 0,4%) e patologia cardiovascolare (9,7% vs 5,5%). Per contro, costituiscono ragione di accesso meno frequente in soggetti in ADIMED la patologia otorinolaringoiatrica (0,8% vs 12%), muscoloscheletrica (2,8% vs 6,3%), gastroenterologica (8% vs 13,5%), i traumi (1,5% vs 3,3%), il sintomo febbre (7,4% vs 12,1%).

Infine in un secondo studio (6), condotto dall’Università di Padova, è emerso che le caratteristiche degli utilizzatori frequenti (cioè di coloro che hanno più di 2 accessi all’anno pari all’8% della popolazione) risultano essere i soggetti di genere femminile, coloro che moriranno entro l’anno, i soggetti esenti per reddito e per patologia psichiatrica, coloro che godono di un’assistenza domiciliare sia di tipo infermieristico che medico, ed infine coloro che moriranno nell’anno successivo.

Questi dati dimostrano quindi come sia necessario sempre più pensare al SCA come parte integrante dei servizi di Assistenza Primaria forniti ai pazienti cronici ad alta complessità assistenziale, ricercando nel SCA non una semplice sostituzione del MMG, ma modalità di lavoro condivise funzionali allo sviluppo del nuovo modello di “Assistenza Primaria” che individui nella “continuità della presa in carico” uno dei punti cardine della “rete assistenziale” territoriale. Il MCA tende, quindi, ad essere sempre più strettamente integrato nel sistema delle Cure Primarie ed a diventare una figura di riferimento stabile con cui il Medico di Famiglia si rapporta al fine di garantire la continuità dell’assistenza, 24 ore su 24.

 Risulta quindi strategico coinvolgere i medici del SCA all’interno delle Aggregazioni Funzionali Territoriali (AFT), dei Servizi Distrettuali, delle Strutture, nella gestione di interventi dedicati, ambulatoriali, domiciliari e/o residenziali, indirizzati alle seguenti categorie di pazienti:

  • pazienti in cure palliative;
  • pazienti in ADIMED/ADI/ADI-H che abbiano un Piano Assistenziale Individuale (PAI);
  • pazienti non autosufficienti in struttura residenziale con impegnativa regionale.

Per questi pazienti la visita domiciliare dovrebbe costituire una scelta privilegiata in quanto le loro condizioni di salute non consentono un consulto ambulatoriale, l’accesso al Pronto Soccorso dovrebbe essere preso in considerazione esclusivamente dopo valutazione diretta da parte del MCA che ne attesti l’effettiva necessità (con funzioni di gate-keeper nel garantire l’appropriatezza anche organizzativa delle prestazioni erogate).

In tale ottica possono essere prese a riferimento la normativa nazionale e regionale che prevedono l’integrazione del SCA non solo nella presa in carico notturna e festiva/prefestiva dei pazienti cronici, ma anche di estenderlo all’attività diurna che i medici di famiglia decidessero di delegare; ad esempio:

  • l’articolo 65, comma 4, del testo consolidato dell’ACN, enuncia che: “in caso di organizzazione del servizio in forme associative strutturali delle Cure Primarie o in UTAP, il conferimento dell’incarico è di norma a 38 ore settimanali, di cui 14 in attività diurna feriale”;
  • anche l’Accordo Integrativo Regionale della Regione Veneto (7) prevede tra le azioni che qualificano l’attività del medico del Servizio di Continuità Assistenziale la partecipazione alla Assistenza programmata a pazienti fragili. “I Medici di Continuità Assistenziale prendono in carico i pazienti, anche in associazione o in équipe con i Medici di Assistenza Primaria, secondo i criteri e le metodologie propri dellAssistenza Primaria, prolungandone lattività assistenziale nei giorni e nelle ore sopra precisate”.

In base a questo presupposto essi assicurano, oltre alle chiamate indifferibili, anche l’effettuazione degli interventi previsti dal progetto assistenziale definito rispettivamente:

  • dall’Unità di Valutazione MultiDimensionale (UVMD) a favore dei pazienti in ADIMED;
  • dalla UOI a favore degli ospiti non autosufficienti delle residenze protette con le seguenti precisazioni:
    • nell’attività presso le Residenze protette, il MCA deve poter disporre dei farmaci in dotazione presso la struttura;
    • l’anamnesi e lo schema delle terapie praticate al paziente ospite della struttura protetta devono essere accessibili al MCA; di ciascun intervento assistenziale dovrà essere inserita opportuna traccia nella documentazione clinica del paziente.
Tabella 1: Esempi di possibile impiego dei MCA a sostegno delle AFT
OBIETTIVO  AZIONI
Garantire un’adeguata risposta del Distretto per i pazienti dimessi dall’ospedale con necessità di assistenza domiciliare per il proseguo delle cure Presa in carico temporanea, per necessità urgenti dei malati dimessi dall’ospedale, assessment diretto dei bisogni di assistenza medica e terapeutica a domicilio finalizzato al passaggio/consegna del paziente al proprio curante
Garantire assistenza medica negli ambulatori per la cronicità Integrare e supportare le medicine di gruppo nella gestione degli ambulatori della cronicità: per malati diabetici, neurologici, con patologia cardiaca e in cure palliative
Garantire una risposta h24 ambulatoriale per bisogni medici urgenti espressi dai pazienti (non di pertinenza dell’area di emergenza)
  • Integrare e supportare le medicine di gruppo nella assistenza ambulatoriale diurna per casi “urgenti” in ambulatorio
  • Contribuire alla riduzione della liste di attesa per i “codici bianchi” in PS
Garantire una risposta h24 domiciliare per bisogni medici urgenti di pazienti a domicilio Integrare e supportare le medicine di gruppo nella assistenza domiciliare diurna per casi “urgenti” in paziente assistititi a domicilio (ADI/ADIMED/Cure Palliative)
Garantire la continuità dell’assistenza medica in strutture residenziali/semiresidenziali/intermedie Integrare e supportare le medicine di gruppo nella risposta diurna presso le strutture residenziali/semiresidenziali/intermedie

Inoltre, ad oggi, nell’atto di indirizzo per il nuovo accordo è stata definita anche la proposta di giungere alla definizione di un ruolo unico per i MMG, svolgendo attività distinte in due tipologie: a rapporto fiduciario con scelta del cittadino oppure a carattere orario, con sistema retributivo differenziato rispettivamente in quota capitaria e quota oraria.

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Percorsi formativi mirati di qualificazione professionale

Alla luce di tutti questi cambiamenti e del potenziamento della figura del MCA, dovrebbe costituire un interesse primario delle Aziende rendere continua la sua formazione, al fine di accrescere le competenze professionali, le capacità di intervento ed il corretto comportamento, consentendo, quindi, di coniugare la qualità dell’offerta con il mutamento dei bisogni degli utenti.

Molte esperienze Aziendali hanno promosso una formazione mirata ad esempio all’aggiornamento clinico riguardo le prestazioni non differibili per bisogni pediatrici, alla gestione del malato oncologico (in particolare per quanto riguarda la terapia del dolore), oppure orientate alla gestione di emergenze (in particolare il Basic Life Support con uso del defibrillatore automatico o più raramente di Advanced Life Support).

Ovviamente va posta la questione di quale formazione il MCA necessiti. È sufficiente una formazione orientata ad acquisire prevalentemente competenze cliniche o la formazione dovrebbe estendersi anche all’acquisizione di competenze organizzative, di comunicazione, di gestione dello stress emozionale e, non da ultimo, di gestione della sicurezza individuale? Nella rilevazione dei bisogni formativi si dovrebbero considerare, oltre le caratteristiche strutturali e le dinamiche interne ed esterne all’organizzazione, i bisogni espressi dagli individui, in termini di conoscenze, competenze, motivazioni e dal sistema, in termini anche di attese reciproche tra l’organizzazione e le persone che la compongono. L’individuazione degli obiettivi formativi quindi dovrebbe partire dall’analisi dei fabbisogni formativi.

Ripercorrendo e contestualizzando la mappa delle competenze specifiche individuate dalla Royal Collage of General Practioners (8,9) e attingendo anche dall’esperienza di qualificazione professionale per i MCA della Azienda Sanitaria Locale della provincia di Brescia (10), possono essere definiti i seguenti ambiti di competenza in cui investire in formazione:

  • Competenze nel gestire le emergenze mediche, chirurgiche e psichiatriche comuni. I MCA devono essere in grado di gestire le comuni urgenze mediche e psichiatriche e devono essere in grado di riconoscere e gestire le situazioni critiche utilizzando le risorse e le strutture a disposizione. Ad esempio, essi devono essere in grado di svolgere una valutazione del rischio di suicidio. Devono saper gestire le emergenze pediatriche comuni come attacchi di asma, convulsioni febbrili, gastroenterite, disidratazione e traumi accidentali. Sono necessarie inoltre competenze nell’esecuzione e nell’interpretazione di esami e procedure necessarie in urgenza come: lettura di un elettrocardiogramma, uso di un defibrillatore, utilizzo di un nebulizzatore, controllo di una emorragia, sutura di una ferita e posizionamento di un catetere urinario.
  • Comprendere gli aspetti organizzativi dei servizi erogati dal Servizio Sanitario Nazionale, a livello regionale e locale. In particolare, i MCA devono essere a conoscenza degli aspetti organizzativi dei servizi di presa in carico dei pazienti psichiatrici (come precedentemente ricordato la patologia psichiatrica costituisce un fattore di rischio per un accesso frequente al SCA [5]). Inoltre, dovrebbero essere formati in modo congiunto agli altri attori di Assistenza Primaria, anche sugli aspetti organizzativi e valutativi dei servizi per i pazienti cronici, previsti dai percorsi e dai PDTA. A tale proposito è utile pensare ad una formazione condivisa con i medici di famiglia e con gli specialisti ambulatoriali sui percorsi specifici per patologia cronica attivati nella azienda sanitaria locale. Essi devono essere consapevoli dei canali di comunicazione, informativi e dei sistemi informatici, per supportarli.
  • Competenze per il corretto invio al PS. È necessario definire in modo concertato, ad esempio attraverso una formazione congiunta con i medici di PS, i livelli dei parametri delle più frequenti condizioni cliniche che richiedano l’invio in PS, necessario per terapie o tecniche diagnostiche non accessibili nel territorio (ad esempio quali parametri siano da valutare per l’invio in PS di un caso di bronchite o una gastroenterite).
  • Competenze di comunicazione. I MCA dovrebbero essere in grado di comunicare attraverso le diverse modalità di contatto, per esempio nei contatti telefonici utilizzando le competenze di triage. Il risultato di un audit pubblicato in BMJ Quality Improvement Report (11) ha confermato che dopo aver formato il personale sanitario alle modalità di consulto telefonico, è migliorata la soddisfazione dei pazienti, ed è stato ridotto il numero di visite ambulatoriali e domiciliari.
  • Gestione del tempo e dello stress. I MCA dovrebbero essere in grado di gestire il proprio tempo ed il carico di lavoro in modo efficace; dimostrando buone capacità nel dare la priorità ai diversi casi e gestendo il tempo da destinare al paziente. Anche un recente articolo individua questa particolare non tecnical skill come la più importante per il lavoro out of hours anche nel contesto ospedaliero (12). Il MCA dovrebbe inoltre riconoscere quando non è in grado di lavorare a causa della stanchezza, della cattiva salute fisica o mentale, e prendere i provvedimenti opportuni. Essi devono essere consapevoli delle loro esigenze personali, delle loro capacità e devono imparare a sviluppare delle strategie necessarie per evitare lo stress ed il burn-out.
  • Sicurezza personale, la gestione dei rischi per la sicurezza. Saper adottare sistemi di protezione specifica per la prevenzione degli infortuni biologici. Considerare gli strumenti di protezione della propria sicurezza in caso di visita a domicilio in aree che sono state identificate come potenzialmente pericolose, o durante le visite in ambulatorio, qualora giunga un paziente potenzialmente pericoloso, in stato di agitazione. Deve inoltre essere in grado di agire in caso di specifici eventi critici come in caso di interruzione della corrente, blocco della circolazione stradale.

Al di là della formazione continua, comunque, potrebbe essere utile prevedere un percorso strutturato da conseguire prima dell’accesso alla professione, per l’acquisizione delle competenze necessarie ai MCA, magari ricompreso all’interno della formazione prevista per la Medicina Generale, ma che preveda la verifica del raggiungimento di competenze specifiche, come previsto in altri Paesi ad esempio l’Inghilterra (13).

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Innovazione tecnologica a supporto dell’evoluzione della professione

Registrazione informatizzata della attività e collegamento informativo telematico

L’organizzazione dei servizi volta all’integrazione assistenziale tra gli operatori dell’Assistenza Primaria, ed in particolare tra i medici di Cure Primarie, allo scopo di garantire la continuità dell’assistenza al paziente, richiede una contemporanea integrazione dei sistemi informatizzati (14). La continuità nella assistenza del paziente, definita come approccio unitario e coerente nella gestione della condizione di salute in risposta ai bisogni del paziente, infatti, deve essere accompagnata da una continuità dell’informazione tramite la disponibilità delle informazioni sugli eventi passati e sulle circostanze personali utili, per seguire o, se necessario, modificare il piano di assistenza individuale. Sarà quindi necessario prevedere il collegamento dei servizi di continuità assistenziale con sistemi informatici tali da consentire l’accesso alle informazioni relative agli assistiti della UCCP tramite software tra loro interoperabili. L’integrazione è oltremodo necessaria nel caso di pazienti con bisogni assistenziali complessi o in cure palliative, per la condivisione in tempo reale dei progetti assistenziali al fine di evitare che l’intervento del MCA si traduca in una discontinuità dell’assistenza per questi pazienti.

L’integrazione informativa è di fondamentale supporto alla gestione del rischio clinico attraverso ad esempio una maggiore conoscenza da parte dei MCA della storia clinica del paziente. Questo è particolarmente utile dal momento che il contatto con il SCA sovente avviene attraverso telefono, e questa modalità di contatto, in particolare, rende difficile la comunicazione, anche delle informazioni essenziali, soprattutto in particolari tipologie di pazienti, come ad esempio gli immigrati che non parlano correntemente la lingua italiana o gli anziani con ipoacusia. Infatti nello studio condotto in una ULSS veneta, è emerso che il mancato riconoscimento di condizioni cliniche per cui fosse indicato l’invio in PS è stato più frequente negli immigrati e nei pazienti anziani, e meno frequente in caso di visita ambulatoriale rispetto al solo contatto telefonico (15).

Infine il supporto informatico, oltre a permettere l’integrazione tra i diversi operatori, potrà garantire momenti di revisione della qualità delle attività e della appropriatezza del management dei pazienti (Audit), per la promozione di comportamenti coerenti con gli obiettivi dichiarati nei Patti aziendali. Ad esempio da uno studio (1) emerge che, al netto delle diverse covariate cliniche dei pazienti visitati, alcuni medici dimostrano una probabilità di invio al PS significativamente superiore (fino a quattro volte superiore). Qualora fosse disponibile una registrazione dell’attività dei MCA, sarebbe possibile, attraverso un audit individuale, verificare l’appropriatezza dell’invio al PS.

In UK inoltre i flussi del SCA vengono utilizzati per fare benckmarking, tra le diverse Autorità Locali e le diverse sedi di OOH, in termini di indicatori di accessibilità, di processo, di qualità percepita, costi ed altro (16).

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 Telemedicina

La Telemedicina mira a portare direttamente presso il domicilio del paziente la prestazione del medico, senza che questo si allontani dal suo studio e senza che il paziente stesso sia costretto a muoversi.

La consulenza telefonica, ad esempio, rappresenta una delle attività prevalenti del SCA, al pari della visita ambulatoriale (42,8% vs 46,4% nello studio condotto in una ULSS della Regione Veneto). Tuttavia, tale proporzione varia significativamente in funzione delle diverse realtà territoriali, infatti, in uno studio condotto nelle Marche le consulenze telefoniche costituiscono solo il 16,0% dei contatti complessivi al SCA (17). Le telefonate possono essere gestite da un call-centre unico per tutte le sedi del SCA con il solo compito di accettazione anagrafica del paziente e smistamento delle chiamate, senza che agli operatori del call-centre competano compiti di triage telefonico. Ne consegue che il medico in servizio, tranne in casi eccezionali di oggettivo impedimento temporaneo, è comunque tenuto a rispondere alla chiamata su richiesta dall’operatore del call-center.

La comunicazione telefonica prevede l’assenza di uno dei tre canali (verbale, paraverbale, non verbale) presenti nella comunicazione; questo ha delle conseguenze ed obbliga ad una maggiore attenzione. In generale, una telefonata si compone di diverse fasi:

  1. Mutua presentazione tra il paziente e il medico corrisponde alla stretta di mano e facilita la fiducia nel rapporto;
  2. Raccolta della anamnesi ma anche delle informazioni sociali, evitando pregiudizi;
  3. Raccolta anche delle informazioni sulle preferenze del paziente;
  4. Diagnosi e risposte alle domande del paziente;
  5. Scelta se sia necessario visitare il paziente in ambulatorio o inviarlo in PS;
  6. Negoziazione con il paziente degli outcome assistenziali da raggiungere, fornendo consigli comportamentali o indicazioni terapeutiche e verificando la comprensione delle indicazioni fornite;
  7. Registrazione delle informazioni relative al contatto;
  8. Previsione di follow-up per le condizioni che devono essere monitorate e definizione dei sintomi o altre circostanze che richiedano una rivalutazione più a breve termine.

Il consiglio telefonico, tuttavia, può essere causa di errori nella raccolta di informazioni, nell’instaurare un’appropriata relazione con il paziente, nel decision-making e nei suggerimenti forniti. Tali errori possono essere preventivati e prevenuti attraverso opportune tecniche di riduzione del rischio (clinical risk management) (18) come segue:

  • Errori nella raccolta di informazioni: inadeguata anamnesi relativamente ad esempio alle allergie o ad altre terapie farmacologiche in atto. È necessario, quindi, prevedere delle tecniche di prevenzione del rischio come l’utilizzo di protocolli che orientino sulle domande da porre a seconda della sintomatologia di presentazione, o l’uso dei più moderni software di supporto decisionale. La puntuale registrazione dei dati anamnestici e clinici del paziente costituisce una componente essenziale della operatività, nonché un elemento fondamentale della gestione del rischio clinico. E’ stato inoltre dimostrato da uno studio condotto su 22 medici di continuità assistenziale, operanti nella provincia di Verona, attraverso casi simulati, che i medici ponevano solo il 27-36% delle domande attese per arrivare alla formulazione di una corretta diagnosi (19). La memoria informatica e l’integrazione informativa permetterebbero l’ottimizzazione di questa fase non solo per la raccolta di dati clinici specifici alla motivazione del contatto ma anche di comorbidità o variabili sociali, culturali ed economiche del paziente e dei familiari, che possono influire, ad esempio, sull’aderenza ai trattamenti.
  • Errori nella appropriata relazione con il paziente: sono dovuti all’ansia del paziente, che pensa di non essere stato inteso, alla frustrazione e nervosismo del medico. Le tecniche per la prevenzione di queste dinamiche, che possono portare ad errori o lamentele, sono quelle di fornire espressioni empatiche al paziente e accertare durante il colloquio il reale motivo della chiamata. Inoltre la registrazione delle chiamate (pratica già adottata) permette una possibile rivalutazione delle risposte fornite.
  • Errori nelle scelte cliniche: sono dovuti, ad esempio, a decisioni premature e/o errori nella diagnosi. Le tecniche di riduzione del rischio prevedono il coinvolgimento del paziente nelle decisioni e l’utilizzo di algoritmi diagnostici e terapeutici per le patologie più frequenti, anche qui tramite software di supporto decisionale al triage telefonico.
  • Errori nella trasmissione delle informazioni al paziente: si verificano nel momento in cui viene fornita l’informazione al paziente circa la terapia da intraprendere. Per evitare questi tipi di errori è opportuno fornire un numero limitato di informazioni alla volta e poi, attraverso delle domande, verificare se il paziente ha compreso. Infatti la comunicazione dovrebbe mirare a instaurare un rapporto interattivo finalizzato alla compliance, al coinvolgimento del paziente nelle decisioni dei percorsi da intraprendere, alla spiegazione dei benefici attesi e degli effetti secondari dei trattamenti e degli obiettivi delle terapie.

Inoltre, la presa in carico delle malattie croniche da parte del SCA può rappresentare un ambito prioritario per la applicazione di altri strumenti di Telemedicina. Infatti, il telemonitoraggio può migliorare la qualità della vita di pazienti cronici attraverso soluzioni di auto-gestione e monitoraggio remoto, anche ai fini di una de-ospedalizzazione precoce.

Una possibile applicazione, ad esempio, potrebbe essere la possibilità di fornire assistenza al paziente presso il proprio domicilio o presso la struttura residenziale protetta in cui risiede, attraverso la valutazione telematica di parametri clinici rilevati a distanza mediante l’utilizzo di opportuni strumenti di monitoraggio, che inviano i dati rilevati ad una centrale di riferimento. Questa, in funzione dei protocolli attivati, invia in caso di necessità l’informazione agli operatori sanitari tra cui ad esempio i MCA.

Ancora nell’assistenza sanitaria domiciliare e nell’ospedalizzazione a domicilio possono essere impegnati strumenti comunicativi di teleascolto e di telecontrollo (con videotelefono, webcam, ecc.) o di telesoccorso. Ad oggi tuttavia sono pochissime le situazioni di questo tipo strutturate sul territorio nazionale.

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Qualità dell’organizzazione del SCA

Al termine di questo capitolo vengono offerti alcuni criteri di valutazione sulla qualità dell’organizzazione del servizio OOH (Tabella 2).

Altri indicatori che misurano la qualità dell’operato dei MCA possono essere consultati nel documento redatto dall’Healthcare Improvement Scotland (20).

Tabella 2: Criteri di valutazione della qualità dell’organizzazione del SCA

1. Sicurezza del paziente

1.1 Presenza di sistema di incidente reporting, analisi degli errori e feedback.

1.2 Presenza di un sistema di analisi dei reclami e di risposta ai cittadini

1.3 Presenza di un protocollo di addestramento dei neoassunti

1.4 Prevista un’assegnazione dei casi per i neoassunti con assunzione di responsabilità clinica graduale in modo commisurato all’ esperienza e competenza.

2. Garanzia di qualità, revisione e valutazione

2.1 Esiste un sistema di controllo del carico di lavoro

2.2 Esiste un sistema di analisi dei dati dell’attività clinica che consente il monitoraggio della qualità delle cure prestate al fine di perseguire l’accountability e il miglioramento delle cure, come proprio del governo clinico.

2.2 Esiste l’accesso libero a riviste mediche che consenta ai membri del team OOH di tenersi aggiornati

2.3 E’ definito un processo di comunicazione regolare con l’azienda o con il referente aziendale per la condivisione degli obiettivi da raggiungere

3. Uguaglianza,  Diversità e opportunità

3.1 Una robusta politica equity oriented per tutto il personale impiegato

3.2 Equità dell’accesso alla formazione aziendale per tutti i medici in servizio

4. Gestione di Istruzione e Formazione

4.1 Monitoraggio della appropriatezza delle prescrizioni come argomento importante del processo di audit clinico

4.2 Presenza di protocolli aggiornati e basati sull’evidenza scientifica per l’aiuto alla decisione terapeutica. Nei protocolli deve chiaramente apparire una dichiarazione su come e quando è stato rivisto e implementato.

5. Risorse

5.1 L’ambulatorio è provvisto della appropriata gamma di attrezzature ad uso diagnostico (es ECG, saturimetro) terapeutico (es. ferri chirurgici, filo di sutura, colonna per infusione endovenosa).

5.2 L’ambulatorio è provvisto di una adeguata fornitura di farmaci utili per l’approccio terapeutico dell’emergenza.

5.3 Mezzi di trasporto sufficienti e revisionati per le visite a domicilio

5.4 Presenza di un ambiente che incoraggi la formazione e la cultura dell’apprendimento

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Acronimi

  • ACN: Accordo Collettivo Nazionale
  • ADI : Assistenza Domiciliare Integrata
  • ADIMED: Assistenza Domiciliare da parte di un medico
  • AFT: Aggregazioni Funzionali Territoriali
  • LEA: Livelli Essenziali di Assistenza
  • MCA: Medico di Continuità Assistenziale
  • MMG: Medico di Medicina Generale
  • NCP: Nucleo Cure Palliative
  • OOH: Out of Hours
  • OMS: Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO: World Health Organization)
  • PAI: Piano Assistenziale Individuale
  • PDTA: Percorso Diagnostico Terapeutico Assistenziale
  • PS: Pronto Soccorso
  • SCA: Servizio di Continuità Assistenziale
  • UTAP: Unità Territoriali di Assistenza Primaria
  • UVMD: Unità di Valutazione MultiDimensionale

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Bibliografia

  1. Buja A, Toffanin R, Rigon S, Sandonà P, Carraro D, Damiani G, Baldo V. Out-of-hours primary care services: demands and patient referral patterns in a Veneto region (Italy) Local Health Authority. Health Policy. 2015 Apr;119(4):437-46.
  2. Salisbury C. The demand for out-of-hours care from GPs: a review. Fam Pract. 2000 Aug;17(4):340-7.
  3. Huibers L, Giesen P, Wensing M, Grol R. Out-of-hours care in western countries: assessment of different organizational models. BMC Health Serv Res. 2009 Jun 23;9:105
  4. Health Services Delivery Programme, Division of Health Systems and Public Health ROADMAP Strengthening people-centred health systems in the WHO European Region. A Framework for Action towards Coordinated/Integrated Health Services Delivery (CIHSD). 2013
  5. ACN 8 luglio 2010 – Medicina Generale
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