Cap. 9 – Governo dell’Assistenza Farmaceutica

Capitolo del Manuale per Operatori di Sanità Pubblica “Governare l’Assistenza Primaria”

Autore: Arrigo Paciello 

Indice del capitolo:

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L’invecchiamento della popolazione, la cronicizzazione dei pazienti in trattamento e soprattutto i prezzi sempre più elevati dei medicinali, in particolare nell’area onco-ematologica, delle malattie rare e nell’ambito dei trattamenti antivirali, rischiano di minare alle fondamenta la sostenibilità del SSN. In un contesto di tale portata, il governo dell’assistenza farmaceutica si configura come uno strumento di fondamentale importanza a livello locale per garantire l’accesso dei pazienti alle nuove terapie ad alto costo, assicurando nel contempo un impiego razionale e appropriato di risorse sempre più limitate.

Lo scenario futuro sarà sempre più contraddistinto dalla difficoltà di sostenere economicamente l’introduzione di nuove opzioni di cura caratterizzate da importanti evidenze di efficacia.

Arriveranno nel prossimo futuro molecole sempre più evolute, innovative, sofisticate e soprattutto ad elevato impatto di spesa: è iniziata una nuova fase (qualcuno parla di bolla) nel mercato farmaceutico con l’avvento delle innovative terapie per l’Epatite Virale C (HCV), ma un impatto ancora maggiore si avrà con la piena introduzione degli immuno-oncologici per molte forme neoplastiche, degli anti-PCSK9 per l’ipercolesterolemia e, in prospettiva, con l’arrivo di tutto il mondo nuovo dell’editing genetico, della terapie cellulari e dell’ingegneria tissutale. Gli sforzi delle istituzioni mirati a garantire la sostenibilità di queste nuove terapie faranno assumere al governo dell’assistenza farmaceutica, anche a livello locale, un ruolo essenziale, con l’obiettivo principale di evitare che pur in presenza di farmaci efficaci per la cura di importanti malattie questi risultino non economicamente disponibili e che, pertanto, si realizzi il paradosso del diritto universale alla salute che non può essere garantito a tutti per carenza di risorse.

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Ricetta medica: vincoli prescrittivi, note AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco) e Piani Terapeutici

Il governo dell’assistenza farmaceutica passa in primo luogo dal governo della prescrizione medica e quindi, in particolare in ambito territoriale, dalla gestione della ricetta SSN (Servizio Sanitario Nazionale) quale documento che rappresenta l’autorizzazione non solo alla dispensazione del farmaco, ma anche alla rimborsabilità da parte del Servizio Sanitario.

La ricetta medica rappresenta l’autorizzazione a dispensare un farmaco e, nei casi previsti, il documento che consente il rimborso da parte del SSR (Servizio Sanitario Regionale); in ogni caso rappresenta un atto professionale che individua precise responsabilità in capo al medico prescrittore e al farmacista.

La ricetta SSN ha validità sull’intero ambito regionale, ma con l’avvento della ricetta dematerializzata la validità è stata estesa all’intero ambito nazionale: i farmaci possono quindi essere ritirati anche fuori dalla Regione di residenza in tutte le farmacie pubbliche e convenzionate del territorio nazionale, rese abilitate a calcolare in tempo reale il ticket e le esenzioni vigenti nella Regione di provenienza di ogni cittadino.

Nella ricetta medica sono identificabili due elementi di responsabilità: una responsabilità certificativa attraverso la quale il prescrittore individua il corretto approccio terapeutico con la prescrizione del medicinale e una responsabilità amministrativa che, nel rispetto dei vincoli regolatori legislativi, consente l’erogazione dei medicinali.

In base all’articolo 87 del Decreto Legislativo 219/2006 i medicinali, ai fini della prescrizione/dispensazione, sono classificati in:

  • medicinali soggetti a prescrizione medica (articolo 88)
  • medicinali soggetti a prescrizione medica da rinnovare volta per volta, (articolo 89)
  • medicinali soggetti a prescrizione medica speciale (articolo 90)
  • medicinali soggetti a prescrizione medica limitativa, comprendenti:
    • medicinali utilizzabili esclusivamente in ambiente ospedaliero o in ambiente ad esso assimilabile;
    • medicinali vendibili al pubblico su prescrizione di centri ospedalieri o di specialisti
    • medicinali utilizzabili esclusivamente dallo specialista;
  • medicinali non soggetti a prescrizione medica.

Tabella 1:  Classificazione dei medicinali sulla base del regime di rimborsabilità

ELEMENTI QUALIFICANTI LA RICETTA

A

(a carico del SSN)

H

(a carico del SSN solo in ospedale)

C

(a carico del cittadino)

CNN

(classe C non negoziata)

GENERALITA PAZIENTE

  SI (C.F./es. ticket/ev. nota AIFA/ cod. reg. medico)

Sulla base del regime di fornitura del medicinale

Medicinali in fase di valutazione per la rimborsabilità

POSOLOGIA

  NO

VALIDITA

  30 giorni

LIMITI ALLA PRESCRIZIONE

  • 2 pezzi per ricetta
  • 6 pezzi per antibiotici iniettabili e sol. per infusione
  • 6 pezzi per patologie croniche in trattamento da almeno 6 mesi e per durata non superiore a 180 giorni

ADEMPIMENTI PER IL FARMACISTA

  • Data, prezzo, timbro
  • Numero progressivo
  • Invio ASL

CONSERVAZIONE

  SI (se RNR-Ricetta Non Ripetibile)

 

Tabella 2: Classificazione dei medicinali sulla base del regime di fornitura1

ELEMENTI QUALIFICANTI LA RICETTA

RICETTA RIPETIBILE (RR)

RICETTA NON RIPETIBILE (RNR)

RICETTA LIMITATIVA

RICETTA MINISTERIALE A RICALCO (RMR)

RR

RR stupefacenti

RRL e RNRL

OSP

USPL

GENERALITÀ PAZIENTE

NO

NO

SI

C.F. o iniziali se richiesta riservatezza

Sulla base del tipo di ricetta (RR o RNR)

Non pertinente

Non pertinente

SI

POSOLOGIA

NO

NO

NO

NO

Non pertinente

Non pertinente

SI

VALIDITÀ

6 mesi salvo diversa indicazione del medico

30 giorni escluso quello di redazione

30 giorni escluso quello di redazione

30 giorni escluso quello di redazione

Non pertinente

Non pertinente

30 giorni escluso quello di redazione

LIMITI ALLA PRESCRIZIONE

Non più di 10 volte (salvo diversa indicazione del medico).

 

L’indicazione di un n. di confezioni diverso dall’unità esclude la ripetibilità. Il medico non può variare contemporaneamente validità temporale e n. di confezioni

Non più di 3 volte

L’indicazione di un n. di confezioni diverso dall’unità esclude la ripetibilità. Il medico non può variare contemporaneamente validità temporale e n. di confezioni

Nessuno, eccetto:

Isotretinoina (2) e terapia del dolore 3

Prescrivibili da medici specialisti e/o centri ospedalieri

Utilizzabili solo in ambiente ospedaliero su indicazione del medico ospedaliero

Utilizzabili solo da specialisti durante la visita ambulatoriale e, in alcuni casi, anche a domicilio del paziente

Una sola preparazione per una terapia non superiore ai 30 giorni

 

Per la terapia del dolore: massimo due preparazioni o due dosaggi diversi 6

ADEMPIMENTI PER IL FARMACISTA

Data, prezzo, timbro

Data, prezzo, timbro

Data, prezzo.

Timbro se soggetto a carico e scarico

Identificazione dell’acquirente 4

Sulla base del tipo di ricetta

Non pertinente

Non pertinente

–  Data, prezzo e timbro

–  Identificazione dell’acquirente

CONSERVAZIONE

NO

NO

SI 5

Sulla base del tipo di ricetta

Non pertinente

Non pertinente

SI 7

REGIME DI RIMBORSABILITÀ

A o C o H

A o C o H

A o C o H

A o C o H

C o H

C o H

A o C

1non sono inclusi nella tabella i medicinali non soggetti a ricetta medica (OTC: medicinali da banco; SOP: medicinali senza obbligo di prescrizione)

2 indicare la posologia per fabbisogno non superiore a 30 giorni, validità 7 giorni dalla data di redazione per il sesso maschile, dalla data di certificazione per il sesso femminile. La data di certificazione va apposta su ricetta anche a penna se ricetta computerizzata

3 quantità per 30 giorni di terapia secondo posologia o, in mancanza, secondo dosaggio massimo presente nel foglietto illustrativo

4 solo per medicinali prescritti su ricetta bianca di cui al DM 31/03/2010 (GU n. 78 03/04/2010), inseriti nella Tab. II (oggi Tabella dei medicinali) Sez. D dopo Ordinanza del 16/06/2009 e impiegati in terapia del dolore, eccetto Tachidol, Coefferalgan, Depalgos 5 e 10 mg, Oxycontin 5 e 10 mg

5 in originale per 2 anni, a partire dal giorno dell’ultima registrazione nel registro di entrata e uscita, se documento giustificativo di uscita per farmaci della Tab II (oggi Tabella dei medicinali) Sez. C DPR 309/90; in originale o fotocopia per 2 anni, se ricetta SSN redatta in duplice copia (una inviata all’ASL e l’altra conservata) o ricetta bianca per farmaci di cui al DM 31/03/2010 (GU n. 78 03/04/2010) e appartenenti alla Tab II (oggi Tabella dei medicinali) Sez D a seguito dell’Ordinanza del 16/06/2009; per 6 mesi negli altri casi e poi distruzione per riservatezza (D.L.vo 282/99)

6 se l’eccedenza è dovuta a più confezioni il farmacista consegna un numero di confezioni a coprire 30 giorni di terapia in base alla posologia dandone comunicazione al medico

7 per 2 anni a far data dall’ultima registrazione sul registro stupefacenti, in un posto riservato e separato dalle altre ricette (D.L.vo 282/99)

 

Inoltre ai fini della fornitura a carico del SSN i medicinali sono suddivisi in tre classi di rimborsabilità, schematizzate in Tabella 3.

Tabella 3: Classi di rimborsabilità per la fornitura a carico del SSN

CLASSE A

rimborsati dal SSN, per i quali può essere richiesta una compartecipazione alla spesa, secondo criteri di esenzione previsti dalla normativa vigente

CLASSE C

 

non rimborsati dal SSN e pagati interamente dal cittadino, tranne per:

invalidi di guerra, vittime del terrorismo e loro familiari, vittime del dovere e loro familiari (purché il medico attesti sulla ricetta l’utilità terapeutica, con la dicitura “terapia utile per il paziente”)

assistiti affetti da malattia rara (se il medicinale è presente nel Piano Terapeutico predisposto da Specialista di Struttura di riferimento della Rete per le malattie rare)

eventuali terapie  previste dalle singole regioni per specifiche tipologie di utenti e/o condizioni

CLASSE H

di esclusivo uso in ambiente ospedaliero (o ad esso assimilabile)

 

Se la prescrizione viene effettuata nell’ambito del SSR, ai vincoli regolatori legislativi si affiancano i vincoli regolatori di carattere convenzionale. In questo caso l’utilizzo del ricettario per la prescrizione a carico del SSR è riservato ai medici in regime di convenzione (Medico di Medicina Generale – MMG, Pediatra Di Famiglia – PDF, Medico di Continuità Assistenziale – MCA) o in regime di dipendenza di strutture pubbliche e private accreditate.

I vincoli convenzionali che disciplinano la prescrizione/dispensazione dei medicinali derivano dalle convenzioni che regolamentano il Rapporto di convenzione col SSN dei MMG e/o PDF (ACN 23/03/2005 e sue modifiche e integrazioni) e dei Farmacisti (DPR n. 371/98). Tali vincoli sono riferiti alla completa e corretta compilazione di tutti i campi della ricetta del SSR, e consentono la dispensazione a carico del SSR dei medicinali prescritti.

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Rispetto dei quantitativi prescrivibili

La regola generale è prevista dalla legge 388/2000 articolo 85 comma 12 “[…] la prescrivibilità con oneri a carico del Servizio sanitario nazionale di medicinali […] è limitata al numero massimo di 2 pezzi per ricetta[…].

Le limitazioni quantitative sono altresì regolate dalla:

  • legge 405/01 articolo 9 comma 1: “la prescrizione dei medicinali destinati al trattamento delle patologie (in presenza di esenzione per patologia) […] è limitata al numero massimo di 3 pezzi per ricetta. La prescrizione non può comunque superare i 60 giorni di terapia”.
  • il L 24.06.2014, n. 90 (in G.U. n. 144 del 24.06.2014), ha introdotto la possibilità per il medico di prescrivere medicinali fino ad un massimo di 6 pezzi per ricetta, purché già utilizzati dal paziente da almeno 6 mesi. In tal caso, la durata della prescrizione non può comunque superare i 180 giorni di terapia.
  • legge 405/01 articolo 9 comma 3: “[…] limitatamente ai medicinali a base di antibiotici in confezione monodose, ai medicinali a base di interferone a favore dei soggetti affetti da epatite cronica e ai medicinali somministrati esclusivamente per fleboclisi è confermata la possibilità di prescrizione fino a 6 pezzi per ricetta […]”.
  • legge 405/01 articolo 9 comma 4: “Per i farmaci analgesici oppiacei, utilizzati nella terapia del dolore […], è consentita la prescrizione in un’unica ricetta di un numero di confezioni sufficienti a coprire una terapia massima di 30 giorni”.

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Note AIFA

In alcuni casi la prescrizione con oneri a carico del SSR è regolamentata anche da precise disposizioni dell’Agenzia Italiana del Farmaco attraverso le Note AIFA, che non sono sostitutive delle indicazioni autorizzate ma limitano la rimborsabilità a carico del SSR a precise condizioni cliniche.

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Piani Terapeutici

Alcuni medicinali soggetti a Nota AIFA utilizzati per patologie di particolare impegno specialistico sono prescrivibili con oneri a carico del SSR su diagnosi e piano terapeutico di strutture specialistiche secondo modalità adottate dalle Regioni.

Il piano terapeutico ha una validità temporale limitata e consente, in corso di validità, la prescrizione del medicinale anche al MMG/PDF/MCA.

La limitazione temporale del piano terapeutico rappresenta una garanzia a tutela della salute dell’assistito, infatti il rinnovo del piano terapeutico garantisce un controllo specialistico periodico.

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Monitoraggio dei consumi farmaceutici in chiave clinico/epidemiologica

I primi sistemi di monitoraggio dei consumi e delle prescrizioni farmaceutiche in Italia risalgono agli anni ‘80 con le prime attività di raccolta dati messe in piedi in Emilia-Romagna. L’estensione dell’esperienza, nel corso degli anni ‘90, su tutto il territorio nazionale, ha portato alla costituzione, presso il Ministero della Salute e poi presso AIFA, dell’Osservatorio Nazionale sull’Impiego dei Medicinali (OsMed) che oggi permette l’acquisizione di diversi flussi informativi relativi alla prescrizione di farmaci a livello nazionale e regionale.

Parallelamente allo sviluppo dei sistemi di raccolta dei dati, in Italia si è assistito allo sviluppo della “farmacoutilizzazione”, disciplina nata all’inizio degli anni ‘60 nei paesi del Nord Europa. Utilizzando una schematizzazione molto semplificata, gli studi di farmacoutilizzazione possono essere suddivisi in due grandi categorie:

  • Statistiche sull’uso dei farmaci: analisi che consentono di elaborare graduatorie dei farmaci più prescritti e venduti, trend dei consumi di farmaci in funzione del tempo o studiare la variabilità prescrittiva tra aree geografiche o amministrative. Si possono analizzare le modificazioni nel tempo o la variabilità della spesa farmaceutica.
  • Studi di appropriatezza: i dati vengono analizzati in maggior dettaglio, valutando per esempio la distribuzione per età e sesso dei soggetti trattati con un determinato gruppo di farmaci o la quantità di farmaco ricevuta nell’arco di un determinato periodo. Per i farmaci che normalmente vengono assunti cronicamente, si può valutare l’aderenza terapeutica e la persistenza della prescrizione nel tempo, l’assunzione contemporanea di farmaci di più classi terapeutiche o le sostituzioni di terapia. I risultati di tali studi possono essere confrontati con le evidenze e le raccomandazioni della letteratura. Gli studi di appropriatezza non utilizzano una metodologia standard, poiché il metodo e gli strumenti utilizzati possono variare in funzione del tipo di farmaci studiati e delle finalità dello studio.

La principale fonte di dati per gli studi di farmacoutilizzazione, siano essi statistiche sull’uso o studi di appropriatezza, è rappresentata dalle “banche dati amministrative”, in cui vengono registrate tutte le ricette per farmaci erogati a carico del SSN. Sebbene lo scopo di tali banche dati sia fondamentalmente contabile (rimborso alle farmacie al pubblico), esse si sono rivelate la migliore fonte attualmente disponibile di dati di prescrizione farmaceutica, anche grazie alla loro accessibilità e completezza. I principali dati presenti in queste banche dati sono il codice di identificazione del farmaco (codice AIC – Autorizzazione Immissione in Commercio), il numero di confezioni prescritte, il codice di identificazione del medico prescrittore, il codice di identificazione del paziente e la data della prescrizione.

Il principale problema degli studi di farmacoutilizzazione è l’adozione di una metodologia che consenta di produrre stime affidabili dell’esposizione della popolazione ai farmaci, di porre a confronto i consumi di farmaci o classi di farmaci diversi e, infine, di confrontare l’uso di farmaci in aree diverse (Province, Regioni, confronti internazionali).

La metodologia adottata a livello internazionale è denominata ATC/DDD, dalle sigle che individuano i due strumenti di cui essa si serve: l’Anatomical Therapeutic Chemical classification system (classificazione Anatomica Terapeutica Chimica, ATC) e la Defined Daily Dose (Dose Definita Giornaliera, DDD).

Nel sistema di classificazione ATC, i farmaci sono suddivisi in gruppi sulla base degli organi o apparati su cui agiscono e delle loro proprietà chimiche, farmacologiche e terapeutiche. La classificazione è articolata in cinque livelli gerarchici.

Al primo livello, i farmaci sono divisi in quattordici gruppi anatomici principali e, all’interno di questi, in gruppi terapeutici principali (II livello). I livelli III e IV sono sottogruppi chimici/farmacologici/terapeutici, mentre al V e ultimo livello sono classificati i singoli principi attivi. I prodotti farmaceutici sono classificati sulla base dell’uso terapeutico (indicazione) principale, seguendo il principio che tutti i prodotti con formulazione analoga, cioè paragonabili per ingredienti, dose unitaria e via di somministrazione, possono avere un solo codice ATC. Tuttavia, uno stesso principio attivo può ricevere più di un codice ATC nel caso siano presenti prodotti chiaramente diversi per indicazione terapeutica, dosaggio e via di somministrazione.

Il modo apparentemente più semplice per misurare i volumi di prescrizione dei farmaci è di contare il numero di confezioni prescritte eventualmente raggruppate per principio attivo o per gruppo terapeutico. Tuttavia, questo metodo ha grossi limiti: confezioni dello stesso farmaco con numero diverso di compresse saranno conteggiate sempre come un pezzo, sebbene il numero di dosi unitarie fornite al paziente sia diverso. Inoltre nel confronto di molecole diverse all’interno di un gruppo terapeutico, il conteggio dei pezzi può offrire una misura distorta dell’esposizione ai farmaci.

Per ovviare a questi inconvenienti si usa misurare i consumi di farmaci attraverso la DDD, che è l’unità di misura standard internazionale della prescrizione farmaceutica. La DDD è definita come la dose media di un farmaco assunta giornalmente da un paziente adulto, con riferimento all’indicazione terapeutica principale del farmaco stesso. La DDD quindi rappresenta la dose di mantenimento della terapia e non la dose iniziale. Tramite la DDD, i dati si esprimono come numero di giornate “convenzionali” di terapia prescritte e, quindi, sono direttamente confrontabili farmaci che vengono utilizzati a dosi diverse o anche farmaci con differenti indicazioni.

È importante non attribuire alla DDD un significato improprio, né di dose raccomandata, né prescritta: essa va considerata unicamente come strumento tecnico per misurare le prescrizioni dei farmaci. Va infatti evidenziato che la dose giornaliera effettivamente usata nel trattamento di pazienti può essere diversa dalla DDD.

Nelle statistiche sull’uso dei farmaci, la classificazione ATC e la DDD vengono utilizzate in modo combinato per ottenere prospetti sintetici degli andamenti della prescrizione. Normalmente i dati vengono espressi in numero di DDD per 1000 abitanti al giorno (DDD/1000abitanti/die): ciò consente di confrontare i volumi di prescrizioni relativi a popolazioni diverse, ma anche di ottenere una stima approssimativa dell’esposizione ad un determinato farmaco o gruppi di farmaci in una popolazione. La lettura epidemiologica dei dati di prescrizione farmaceutica appare significativa solo per i farmaci che vengono usati continuativamente e a lungo termine, mentre per trattamenti brevi e occasionali (es. antibiotici), le DDD rappresentano unicamente un sistema razionale di confronto dei consumi.

In Italia l’AIFA pubblica periodicamente il Rapporto OsMed – “L’uso dei farmaci in Italia” che presenta i dati d’insieme del consumo e della spesa per farmaci a livello nazionale, e il confronto della prescrizione dei principali gruppi di farmaci tra le Regioni italiane. La stessa metodologia di analisi dei dati di prescrizione viene utilizzata anche a livelli territoriali più ristretti (Regioni o singole ASL), dove possono essere prodotti report sulla prescrizione dei singoli medici o di gruppi di medici finalizzati, per esempio, a iniziative di aggiornamento o di autovalutazione. In ogni caso, la conoscenza degli andamenti della prescrizione farmaceutica è oggi uno strumento indispensabile per la programmazione e la gestione delle risorse sanitarie. A questo scopo, il sistema ATC/DDD rappresenta il metodo standard che consente di confrontare agevolmente i dati locali con quelli medi regionali o nazionali o, addirittura, di eseguire confronti internazionali laddove siano disponibili i dati di altri paesi. La classificazione ATC e le DDD vengono assegnate, a livello internazionale, dal Centro Collaborativo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) per le Statistiche sui Farmaci di Oslo, che pubblica annualmente la lista ufficiale dei farmaci classificati secondo l’ATC con le DDD.

Negli ultimi anni sono emersi nuovi indicatori di farmacoutilizzazione mirati a misurare l’appropriatezza prescrittiva sulla base di criteri di aderenza a standard clinici predefiniti. Una prescrizione farmacologica può essere considerata appropriata se effettuata all’interno delle indicazioni terapeutiche per le quali il farmaco è stato dimostrato essere efficace.

L’appropriatezza può essere misurata mediante due approcci distinti:

  • Analisi della variabilità prescrittiva: la variabilità prescrittiva è solitamente espressa in termini di volumi (DDD per 1.000 abitanti die) oppure di spesa (spesa pro-capite) ed evidenzia lo scostamento delle unità in valutazione rispetto alla media del contesto di valutazione: le Regioni nel contesto nazionale, le Aziende Sanitarie nel contesto regionale, i singoli Medici Specialisti o di Medicina Generale nel contesto locale. Tuttavia, si deve ricordare che se la variabilità prescrittiva non spiegata (in eccesso o in difetto rispetto alla media di riferimento) indica potenziali problemi di appropriatezza, una maggiore omogeneità rispetto alla media non è di per sé sinonimo di appropriatezza prescrittiva.
  • Analisi dell’aderenza delle modalità prescrittive a standard predefiniti e a indicatori di appropriatezza. Tali indicatori provvedono alla misurazione della modalità d’uso dei farmaci e prendono come obiettivo di riferimento, come benchmark di appropriatezza, la modalità raccomandata. Si passa, in altri termini, da un sistema che identifica come inappropriato un uso dei farmaci che induce un consumo in eccesso (o in difetto) rispetto a un consumo medio, a un sistema che identifica come inappropriato un uso dei farmaci effettuato al di fuori delle raccomandazioni, pertanto le analisi attraverso indicatori di appropriatezza rappresentano un necessario completamento nell’interpretazione dei risultati descritti attraverso indicatori di consumo.

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Farmacoeconomia

La Farmacoeconomia è la disciplina che si occupa di valutare più interventi sanitari, almeno uno dei quali di carattere farmacologico, sotto il profilo economico. Negli ultimi anni si è assistito ad un progressivo incremento della spesa sanitaria ed in particolare di quella farmaceutica, essenzialmente imputabile a tre fattori: il progressivo invecchiamento della popolazione e la cronicizzazione delle malattie; l’introduzione di nuove tecnologie di diagnosi e cura ad elevato impatto economico; la crescita delle aspettative della popolazione.

La crescita dell’ammontare di risorse richieste per la gestione della sanità ha avuto come conseguenza una maggiore attenzione alla valutazione economica degli interventi sanitari nel tentativo di valutare se, data l’efficacia clinica, vi sia efficienza economica. Per questo scopo è necessario analizzare il programma confrontandolo con interventi che siano omogenei e fattibili.

Il concetto di omogeneità indica la possibilità stessa del paragone: i due programmi devono essere intesi a curare la medesima patologia, oppure a conseguire risultati espressi nella stessa unità di misura (ad esempio anni di vita salvati). La fattibilità implica, invece, che le tecnologie necessarie all’implementazione dei programmi siano effettivamente disponibili.

Il contenimento della spesa farmaceutica potrebbe provocare un aumento della spesa in altri ambiti, ad esempio in quello dell’assistenza ospedaliera, tale da vanificare il risparmio, pertanto l’obiettivo non deve essere la limitazione della spesa in assoluto, bensì il tentativo di ottimizzare l’impiego delle risorse destinate alla sanità in generale e al settore farmaceutico in particolare.

Gli obiettivi di politica sanitaria da monodimensionali (solo l’efficacia o solo il costo) tendono a diventare obiettivi pluridimensionali, che correlano l’efficacia di un programma ai costi che esso genera.

La Farmacoeconomia studia i rapporti tra i costi ed i risultati delle terapie farmacologiche di provata efficacia clinica, ponendosi l’obiettivo di ottenere la massima efficacia terapeutica con il minor impiego di risorse possibili. In analisi con frequenti variazioni di procedure diagnostiche e/o terapeutiche, i costi devono essere sempre distribuiti lungo tutto il periodo di osservazione. I costi sono sempre espressi in termini monetari, e si distinguono in costi diretti sanitari, costi diretti non sanitari, costi indiretti e costi intangibili. I costi devono essere tutti individuati, descritti, quantificati, allocati, imputati e temporizzati.

Tre sono i tipi fondamentali di Analisi:

  • Costo/Efficacia (Cost/Effectiveness): l’effectiveness è l’efficacia del medicinale nelle reali condizioni di impiego, valutata nella totalità della popolazione target di pazienti trattati nell’ambito e nel periodo di tempo considerati;
  • Costo/Utilità (Cost/Utility): L’utilità è un valore numerico (0-1) del livello di qualità della vita, che si esprime in QALY, cioè numero di anni di vita guadagnati moltiplicati per il valore dell’utility;
  • Minimizzazione dei Costi (Cost/Minimization): la valutazione si concentra solo sui costi, perchè l’efficacia dei trattamenti in esame è quali-quantitativamente identica.

L’Analisi Incrementale, cioè il calcolo dell’ICER (Incremental Cost/Effectiveness Ratio), applicata ai tre tipi di analisi descritte, permette di determinare il rapporto tra variazione dei costi e variazione dei risultati. L’analisi ICER tipicamente fissa dei “valori soglia” relativi alla variazione dei costi che permettono di valutare la sostenibilità dei costi (specifici per outcome) e sono l’indice della “disponibilità a pagare“ (Willingness To Pay) per ottenere un determinato beneficio.

La farmacoeconomia è probabilmente una disciplina ancora più esposta al rischio di bias metodologici rispetto alla ricerca clinica ed epidemiologica, e ciò per una serie di motivazioni e di implicazioni: etiche, sociali, politiche e filosofiche oltre che tecnico-scientifiche e professionali. Il problema cruciale dell’analisi sta sempre nell’individuazione di obiettivi reali, definiti e scelti per la loro rilevanza sanitaria e non commerciale, per mezzo dei quali valutare e confrontare la convenienza economica di un intervento farmacologico rispetto ad altri interventi, farmacologici o di altra natura.

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Farmaci equivalenti e biosimilari

Gli studi di bioequivalenza sono degli studi di farmacocinetica la cui finalità è quella di confrontare la biodisponibilità di due prodotti, ove per biodisponibilità si intende la quantità di medicinale che passa nella circolazione generale dopo somministrazione, in relazione alla velocità con cui questo avviene. La bioequivalenza tra due medicinali è, in sintesi, la dimostrazione dell’equivalenza terapeutica tra due formulazioni, essenzialmente simili, contenenti lo stesso principio attivo. Due medicinali sono bioequivalenti quando, con la stessa dose, i loro profili di concentrazione nel sangue rispetto al tempo sono così simili che è improbabile che essi possano produrre differenze rilevanti negli effetti di efficacia e sicurezza.

Per medicinale equivalente o generico si intende quindi un medicinale che, oltre a contenere nella propria formulazione la stessa quantità di principio attivo, ha anche una bioequivalenza con un altro medicinale di riferimento (meglio noto come medicinale “originatore”, “di marca”, “griffato” o “brand”) con brevetto scaduto. Per poter autorizzare un medicinale equivalente si deve dimostrare un’adeguata qualità del medicinale e la sua bioequivalenza rispetto al medicinale originatore.

Il medicinale generico fa il suo ingresso nel contesto regolatorio europeo con la Direttiva 2001/83/CE del Parlamento e del Consiglio, recepita in Italia dal Decreto Legislativo 219 del 2006 che all’articolo 10 comma 5 lettera b definisce come medicinale generico: “[…] un medicinale che ha la stessa composizione qualitativa e quantitativa di sostanze attive e la stessa forma farmaceutica del medicinale di riferimento nonché una bioequivalenza con il medicinale di riferimento dimostrata da studi appropriati di biodisponibilità”.

Il termine “medicinale generico” è la traduzione italiana della definizione “generic medicinal product” riportata della Direttiva 2001/83/CE, ma a differenza della dicitura inglese che rimanda esattamente alla definizione normativa ivi riportata, la traduzione letterale italiana di “generico” risultava fuorviante. Si è constatato che il “generico” veniva frequentemente percepito dall’opinione pubblica come un rimedio non dotato di sufficiente specificità per una certa indicazione e, talvolta, come un prodotto di qualità inferiore rispetto ai medicinali di marca. Per sottolineare che i medicinali “generici” sono “equivalenti” a tutti gli effetti al medicinale di riferimento, con la Legge 149 del 26 luglio 2005 viene di fatto sostituita la denominazione di “medicinale generico” con quella di “medicinale equivalente”.

Essenzialmente i medicinali equivalenti, essendo autorizzati a fronte della dimostrata bioequivalenza con il medicinale di riferimento, presentano rispetto al medicinale di riferimento due uniche differenze rilevabili: il nome e il prezzo.

I medicinali “biosimilari”, invece, sono medicinali simili al prodotto biologico di riferimento già autorizzato nell’Unione Europea e per il quale è scaduta la copertura del brevetto. Un farmaco biosimilare ha lo stesso principio attivo del suo medicinale di riferimento, ed è comparabile in termini di qualità, efficacia e sicurezza. Potrebbero, però, essere presenti delle piccole differenze dovute alla natura complessa dei principi attivi e alle tecniche di produzione, che determinano l’unicità del prodotto finale sia per il medicinale di riferimento (es. tra un lotto e l’altro) sia per il biosimilare. Queste differenze riguardano aspetti quali la dimensione della molecola, la complessità della struttura, la stabilità del prodotto finale e modifiche post-trasduzionali, come ad esempio il profilo di glicosilazione.

I principi attivi dei farmaci biologici sono più grandi e complessi dei farmaci non biologici. Si tratta, di solito, di proteine ad alto peso molecolare sino a 1000 volte superiori alle molecole di sintesi chimica. Per tale motivo e per il fatto che sono molecole biologicamente attive hanno inoltre la potenzialità di attivare la risposta immunitaria (immunogenicità).

La loro complessità e il modo in cui vengono prodotti determina un certo grado di variabilità nelle molecole dello stesso principio attivo anche in lotti diversi di uno stesso farmaco. Questa variabilità è quindi naturale per i farmaci biologici rispetto a quelli di sintesi, per i quali invece le tecniche di produzione sono più semplici e facilmente riproducibili.

La normativa richiede che si dimostri la biosimilarità attraverso “l’esercizio di comparabilità” il cui obiettivo è quello di garantire che eventuali differenze osservate non abbiano alcun impatto sull’efficacia e sicurezza del medicinale biosimilare rispetto a quello di riferimento. Gli studi sulla sicurezza includono anche quelli sulla immunogenicità. La procedura di confronto si articola in tre fasi.

  • 1° fase: Studi di qualità. Studi chimico-analitici per confermare la comparabilità in termini di struttura molecolare.
  • 2° fase: Studi comparativi non-clinici.
  • 3° fase: Studi clinici comparativi.

Gli studi di seconda e terza fase devono dimostrare la comparabilità sotto il profilo tossicologico, farmacocinetico e farmacodinamico, sicurezza ed efficacia clinica.

I farmaci biosimilari non possono essere considerati gli “equivalenti” dei farmaci biologici, poiché l’impiego di sistemi cellulari per la loro produzione non consente di ottenere la “copia” identica di una molecola. Mentre la sintesi chimica dei farmaci tradizionali è un processo altamente riproducibile, la sintesi dei biosimilari dipende dal vettore di espressione e dalla linea cellulare usata. Si tratta di strumenti ed operazioni non commercialmente disponibili, che generano ceppi diversi nei diversi laboratori. Pertanto, due prodotti biologici non potranno mai essere identici. I tempi di sviluppo sono per queste ragioni estremamente più lunghi rispetto a quelli richiesti per i farmaci equivalenti ed allo stesso modo i costi. I farmaci biosimilari non sono quindi i generici dei biologici ma, vengono a tutti gli effetti considerati nuovi farmaci biotecnologici non coperti da brevetto.

L’intercambiabilità (switch) di un biosimilare con il suo originatore, ovvero la possibilità di utilizzare indifferentemente uno o l’altro farmaco in quanto ritenuti equivalenti è un punto cruciale nella gestione dei farmaci biotecnologici. Attualmente, da un punto di vista normativo, vige un atteggiamento di cautela: essendo i biosimilari simili ma non identici ai farmaci biologici di riferimento la decisione sul medicinale da impiegare viene affidata al medico specialista sia nel caso di soggetti già in trattamento con un farmaco biologico, sia nei pazienti di nuova diagnosi, pur sottolineando che in questi ultimi non vi sono motivi per consigliare cautela nell’adottare biosimilari, che sarebbero al contrario i farmaci da preferire.

Sia i medicinali equivalenti sia i biosimilari rappresentano una risorsa terapeutica importante in quanto funzionale a garantire la presenza sul mercato di validi strumenti terapeutici e, contestualmente, la possibilità di liberare risorse economiche da investire nell’ingresso dei nuovi medicinali salvavita (biologici, biotecnologici, terapie avanzate), destinati ad eradicare patologie ad oggi incurabili, ma gravati da costi che rischiano di mettere in seria crisi la sostenibilità del SSN. Infatti, nei prossimi anni si prevede che la dirompente innovazione tecnologica in ambito farmaceutico (di cui i nuovi farmaci per la terapia dell’HCV o i farmaci immunoncologici anti-PD1/PDL1 in arrivo sul mercato costituiscono solo dei primi esempi di una serie di importanti innovazioni che si affacciano all’orizzonte) possa davvero mettere a dura prova la sostenibilità del SSN.

In tale scenario, uno degli strumenti fondamentali per garantire l’accesso dei pazienti alle nuove terapie in arrivo, assicurando contestualmente il contenimento della spesa farmaceutica, è sicuramente la promozione dell’utilizzo di farmaci a brevetto scaduto, sia equivalenti che biosimilari.

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Farmaci per Malattie Rare: uso off-label, uso “compassionevole” e Legge 648/96

Una malattia è definita rara quando colpisce una minima parte della popolazione generale, interessando non più di 1 individuo su 2000.

Si stima che ad oggi siano riconosciute come malattie rare più di 8.000 patologie, che colpiscono in Europa circa 30 milioni di persone (pari al 6-8% della popolazione). L’80% delle patologie ha una causa genetica riconosciuta. Il 50% delle malattie rare esordisce in età pediatrica.

Si definiscono orfani i farmaci potenzialmente utili per trattare una malattia rara, senza un mercato sufficiente, per cui l’industria farmaceutica non avrebbe interesse economico ad investire nello sviluppo in assenza di incentivi e politiche comunitarie mirate.

La ricerca clinica e di base per accrescere le conoscenze sulle malattie rare incontra ostacoli legati alla limitatezza delle risorse dedicate, alla scarsa numerosità di pazienti reclutabili nei trial clinici, alla necessità di disegni sperimentali specifici e di iter registrativi accelerati.

Al fine di far fronte a tali difficoltà e con l’obiettivo di incentivare la ricerca e lo sviluppo di farmaci per malattie rare, facilitando contestualmente l’accesso dei pazienti alle terapie, il Parlamento e il Consiglio Europeo, ispirandosi alla regolamentazione presente negli Stati Uniti (Orphan Drug Act, 1983), il 16 dicembre 1999, hanno adottato il Regolamento CE N. 141/2000 riguardante i farmaci orfani.

Con il Reg. CE 141/2000 le autorità comunitarie hanno introdotto una normativa ad-hoc, al fine di incentivare lo sviluppo e la commercializzazione di farmaci orfani, stabilendo i criteri di designazione, prevedendo l’adozione di procedure di consulenza scientifica (protocol assistance) e di politiche di prezzo dedicate, nonché l’esclusiva commerciale per 10 anni, al fine di incoraggiare e premiare le imprese che investono nel settore. Inoltre, con il Regolamento è stato creato un Comitato per i Farmaci Orfani (COMP) all’interno dell’Agenzia Europea dei Medicinali (EMA) con l’incarico di esaminare le richieste di designazione e di consigliare e assistere la Commissione nelle discussioni in merito ai farmaci orfani.

La designazione di medicinale orfano può essere ottenuta in qualunque fase di sviluppo del farmaco: la ricerca può essere ancora in fase pre-clinica o può aver raggiunto uno stadio avanzato di sperimentazione clinica sull’uomo (Fase III), anche se tipicamente le designazioni di medicinale orfano vengono rilasciate nelle fasi precoci di sviluppo clinico (Fase I, II).

La designazione di medicinale orfano non è però sinonimo di autorizzazione all’immissione in commercio, la quale viene concessa alla fine dell’iter di sviluppo clinico una volta che sono state raccolte sufficienti evidenze di efficacia, sicurezza e qualità del medicinale.

Pertanto a livello europeo esiste un Registro Comunitario dei farmaci designati come orfani, che comprende più di mille molecole (1.223 designazioni registrate nel periodo 2000-2013), molte delle quali ancora in stadio precoce di sviluppo, e un elenco dei medicinali orfani autorizzati all’immissione in commercio che costituisce il sottogruppo (attualmente 98 molecole) dei farmaci designati come orfani che sono riusciti a superare tutte le fasi di sviluppo clinico (Fase I, II, III) e ad ottenere un’autorizzazione all’immissione in commercio a livello europeo tramite procedura centralizzata (entrambe le liste di prodotti medicinali, designati e autorizzati sono disponibili sul sito dell’ EMA e della Commissione Europea).

Le richieste di designazione vengono esaminate dal Comitato per i Farmaci Orfani, mentre le richieste di autorizzazione vengono sottoposte, una volta completato l’iter di sviluppo non-clinico e clinico, al parere del Comitato Prodotti Medicinali per uso Umano (CHMP) sempre afferente all’EMA.

Tabella 4: Criteri per ottenere la designazione di medicinale orfano da parte del COMP (Reg. EC 141/2000

CRITERIO DI

GRAVITÀ:

Il medicinale deve essere utile per la diagnosi, la profilassi o la terapia di una affezione grave e cronica, che comporta una minaccia per la vita o seriamente debilitante

CRITERIO DI PLAUSIBILITÀ MEDICA:

La condizione clinica per per la quale viene richiesta la designazione di farmaco orfano deve essere plausibile da un punto di vista medico

CRITERIO DI PREVALENZA

La prevalenza della condizione clinica per la quale viene richiesta la designazione di farmaco orfano non deve essere superiore a 5 individui su 10.000 nella UE

oppure

CRITERIO DI INSUFFICIENTE RITORNO DELLINVESTIMENTO

Il mercato per il farmaco designato come orfano deve essere tale che, in assenza di agevolazioni specifiche, la commercializzazione nella UE sia così scarsamente redditizia da non giustificare l’investimento necessario

Non ci devono essere soddisfacenti metodi alternativi di diagnosi, prevenzione e trattamento della condizione clinica per la quale si richiede la designazione, o se tali metodi esistono il prodotto designato deve apportare un beneficio clinico significativamente superiore.

 

La designazione di farmaco orfano da parte del COMP apre la porte ad una serie di grants e benefits per le aziende che sviluppano il medicinale, in particolare tariffe notevolmente agevolate per la registrazione, esclusività di mercato per 10 anni e ampia possibilità di consulenza e assistenza da parte delle autorità regolatorie (EMA), in particolare, per il disegno e la conduzione di trial clinici specifici necessari per l’ottenimento dell’AIC (protocol assistance). Nello specifico, lo strumento del protocol assistance è fondamentale per sostenere il medicinale nel suo iter di sviluppo clinico, per affrontare il quale è spesso necessario approntare studi clinici caratterizzati da metodi di disegno, conduzione e analisi peculiari.

Infatti la designazione a farmaco orfano è soltanto il primo passo nel lungo percorso verso l’autorizzazione al commercio: per ottenere l’AIC devono essere raccolte sufficienti evidenze scientifiche tali da garantire efficacia, sicurezza e qualità del medicinale da immettere in commercio.

Lo sviluppo clinico dei farmaci convenzionalmente si articola in 3 fasi, come mostrato nella Tabella 5.

Tabella 5: Fasi dello sviluppo clinico dei farmaci

Fase I

Si sperimenta su un piccolo numero di volontari sani

SCOPO: studiare la farmacocinetica e, quando possibile, la farmacodinamica nonché la tollerabilità e sicurezza del farmaco.

OBIETTIVO PRINCIPALE: determinare la Massima Dose Tollerata (MTD) e la massima dose raccomandata per la successiva Fase II (RP2D).

In alcune aree terapeutiche come l’oncologia gli studi vengono effettuati direttamente su pazienti solitamente in fase avanzata di malattia.

Dopo i tragici eventi di Northwick Park Hospital nel 2006, dove 6 volontari sani svilupparono una terribile sindrome da rilascio di citochine in seguito a somministrazione di un anticorpo monoclonale superagonista, EMA e alcune Agenzie europee (AFSSAPS e MHRA) hanno adottato importanti linee guida (es. “Guideline on strategies to identify and mitigate risks for first-inhuman clinical trials with investigational medicinal products”, Senn Report, etc.) concernenti le strategie per minimizzare il rischio legato alle sperimentazioni First in Human (allometric scaling e Maximal Reccomanded Starting Dose – MRSD, dose escalation e dose staggering), in particolare a quelle riguardanti i farmaci biologici, per i quali i modelli pre-clinici sono spesso scarsamente predittivi in conseguenza della specie-specificità di prodotti come gli anticorpi monoclonali

Fase II

Si sperimenta su un numero limitato e altamente selezionato di pazienti affetti dalla malattia in un contesto terapeutico esplorativo.

OBIETTIVO: capire se il farmaco è attivo (“proof of concept”). In questa fase viene anche studiata la relazione dose-risposta attraverso gli studi di dose-finding per decidere quali sono le dosi più promettenti da portare in Fase III.

Fase III

Si sperimenta su un numero di pazienti più elevato e con caratteristiche più simili a quelle della popolazione che utilizzerà il farmaco una volta immesso in commercio, per verificarne l’efficacia in un contesto terapeutico confermativo.

TIPO DI STUDI: solitamente randomizzati, condotti in doppio cieco e in parallelo.

Vengono detti anche “pivotal”, in quanto costituiscono la conferma dell’evidenza di efficacia da presentare all’autorità regolatoria ai fini della registrazione del farmaco. Pertanto questi studi dovranno avere caratteristiche operative (errore di tipo I, dimensione campionaria, potenza) e piano di analisi statistica robusti e tali da escludere i principali errori sistematici.

Per i farmaci orfani il normale iter di sviluppo clinico spesso non è fattibile data la difficoltà di arruolare un numero adeguato di pazienti. In particolare gli studi pivotal di fase III che richiedono dimensioni campionarie sufficienti a rilevare l’effect-size (Δ) ipotizzato del farmaco, non risultano realizzabili per molte patologie/indicazioni che hanno una prevalenza minima nella popolazione generale.

Negli ultimi anni sono stati sviluppati approcci metodologici alternativi per il disegno, la conduzione e l’analisi dei trial clinici, basati in particolare sulla statistica bayesiana, che è diventata più accessibile dal punto di vista delle difficoltà di risoluzione di integrali complessi grazie all’avvento di calcolatori più potenti e all’introduzione di algoritmi MCMC (Markov Chain Monte Carlo) di simulazione e risoluzione in modo non analitico degli integrali (risoluzione degli integrali basata sul campionamento iterativo).

L’approccio bayesiano all’inferenza statistica si basa sull’incorporazione di informazione extrasperimentale (esterna allo specifico trial: es. precedenti studi clinici o pre-clinici) in modo formale e quantitativo a livello di analisi oltre che di disegno del trial. L’integrazione dell’informazione extra-sperimentale avviene attraverso il teorema di Bayes: p(θ/data) ≈ p(data/θ)*p(θ), dove l’informazione esterna che costituisce la distribuzione di probabilità a priori p(θ), detta “prior”,viene integrata con i dati osservati nel trial p(data/θ), ovvero la funzione di verosimiglianza (likelihood function), per dare come prodotto di integrazione la distribuzione di probabilità a posteriori p(θ/data).

L’approccio bayesiano appare particolarmente utile nelle sperimentazioni caratterizzate da limitata dimensione campionaria, nel quale l’informazione esterna (prior) assume un peso rilevante (via via che aumenta il numero di soggetti arruolati il peso della prior diminuisce fino ad annullarsi per studi di grandi dimensioni) e può conferire potenza allo studio attraverso un processo di integrazione basato sul principio di intercambiabilità e sulla concordanza delle evidenze extrasperimentali con quelle ottenute nel trial (borrow strenght).

Nell’ambito delle malattie rare, destano particolare interesse anche gli studi adattativi adaptive trials (possono esser basati sia sull’approccio inferenziale frequentista che su quello bayesiano, anche se tipicamente adottano la statistica bayesiana), che sono caratterizzati da una o più analisi ad interim a livello delle quali vengono implementate variazioni di caratteristiche del disegno del trial (criteri di inclusione/esclusione, sample size, randomizzazione, numero di bracci di trattamento o le dosi/schedule impiegate) sulla base dei risultati di tali analisi ad interim.

Gli studi adattativi possono permettere di ridurre il numero di soggetti necessari per ottenere la potenza desiderata del trial effettuando più misurazioni (analisi ad interim) sugli stessi soggetti. Tuttavia la molteplicità delle osservazioni genera inflazione dell’errore di tipo I, ovvero della probabilità di ottenere falsi positivi. Gli studi adattativi inoltre, almeno teoricamente, potrebbero consentire l’aggregazione di fasi diverse di studio (tipicamente fase II di dose-finding e fase III pivotal) determinando una diminuzione degli studi necessari per la registrazione (seamless trials).

Infine, rimanendo nel contesto frequentista, ricordiamo che il disegno cross-over in cui il confronto fra le terapie in studio avviene sullo stesso soggetto, riducendo la variabilità delle osservazioni (la variabilità intra-soggetto è minore di quella inter-soggetto) permette di ottenere una potenza di studio maggiore con lo stesso numero di soggetti rispetto al disegno in parallelo, ed è quindi particolarmente utile nell’ambito delle malattie rare.

La recente entrata in vigore del nuovo Regolamento europeo sulla sperimentazione clinica, Regulation 536/2014 (che però diventerà esecutivo solo a partire dal 2016) ha fra i principali obiettivi quello di favorire e facilitare la conduzione di studi multinazionali e globali in Europa. Questo aspetto è molto importante per lo sviluppo dei farmaci orfani e per la terapia delle malattie rare, in quanto visto la bassa prevalenza di queste patologie, spesso l’unica strada per arruolare un numero sufficiente di soggetti è quella di organizzare grandi studi multinazionale.

Una volta raccolte, attraverso i trials clinici, sufficienti evidenze di efficacia e sicurezza, viene sottoposto all’autorità regolatoria il dossier scientifico del medicinale (Common Technical Document) comprendente tutte le caratteristiche chimico-fisiche e di produzione, nonchè tutti i dati emersi nel corso degli studi non clinici (modelli in vitro e animali) e nelle 3 fasi cliniche.

I medicinali designati come orfani devono obbligatoriamente (ai sensi del Reg. CE 726/2004) essere valutati e autorizzati tramite procedura centralizzata.

La procedura centralizzata prevede la sottomissione del dossier scientifico del medicinale alla valutazione del CHMP dell’EMA che, entro 210 giorni, dovrà esprimere un parere sulla base del quale la Commissione adotterà una Decisione in merito all’immissione in commercio (o meno) del medicinale che avrà validità su tutto il territorio dell’EU/EEA e sarà pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea.

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Farmaci Off-Label

Per uso “off-label” si intende l’impiego nella pratica clinica di farmaci già registrati in sede di AIC ma utilizzati in maniera non conforme a quanto previsto dal Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto autorizzato (RCP). Molto spesso, l’uso off-label riguarda molecole note e utilizzate da tempo per le quali le evidenze scientifiche suggeriscono un impiego razionale anche in situazioni cliniche non formalmente approvate da parte dell’Autorità regolatoria. Per “situazioni cliniche” si deve intendere non solo un impiego del farmaco al di fuori delle indicazioni terapeutiche autorizzate, ma anche:

  • modalità di somministrazione alternative;
  • impiego di dosi diverse da quelle previste dallo schema posologico autorizzato;
  • superamento delle controindicazioni presenti nel RCP (es. impiego pediatrico).

La prescrizione di tipo off-label, al di là del rispetto delle normative emanate dalle autorità regolatorie responsabili dell’autorizzazione all’immissione in commercio dei farmaci, che va comunque garantito, pone delle importanti questioni di ordine etico che inevitabilmente condizionano la pratica clinica. Se da un lato, infatti, la prescrizione di farmaci off-label, in alcune situazioni cliniche altamente selezionate, potrebbe rappresentare una preziosa opportunità per migliorare significativamente la conoscenza e la terapia di alcune patologie dall’altro, invece, un uso diffuso e sistematico della prescrizione off-label potrebbe esporre il paziente a rischi potenziali ed evitabili nei casi in cui siano disponibili opzioni terapeutiche autorizzate.

La prescrizione di terapie farmacologiche al di fuori delle indicazioni/condizioni di AIC, è prassi largamente diffusa in aree terapeutiche critiche quali l’Oncologia, la Psichiatria, la Neurologia.

In particolare in Pediatria l’uso off-label di medicinali riguarda, secondo dati di letteratura internazionale, circa il 60% delle prescrizioni in ambito ospedaliero. Tale situazione è determinata dalle numerose complessità e difficoltà riguardanti la sperimentazione clinica nella popolazione pediatrica e la conseguente limitata registrazione di indicazioni pediatriche, criticità soltanto parzialmente superate con l’ attuazione del Regolamento Pediatrico Europeo 1901/2006/EC e con la politica di incentivi alla sperimentazione clinica pediatrica prevista con gli strumenti sempre più diffusi dei PIPs (Pediatric Investigational Plans) e delle PUMAs (Pediatric Use Marketing Authorizations) nell’ambito delle procedure regolatorie per l’ottenimento dell’AIC.

Un altro settore un cui si fa ampio ricorso all’uso off-label è certamente quello delle malattie rare e orfane, per le quali spesso sussistono importanti difficoltà nello sviluppo clinico e nell’iter registrativo di nuovi farmaci, in particolare nell’organizzazione di studi pivotal (registrativi) di adeguate dimensioni campionarie.

In Regione Lombardia a partire dal 2015 è stato adottato un “Percorso Di Valutazione Di Un Trattamento Con Farmaco Off Label Per Pazienti Affetti Da Malattia Rara” con l’obiettivo di dettagliare il percorso operativo di valutazione di una prescrizione off label di farmaco nel caso di paziente affetto da malattia rara. Secondo tale documento, in casi selezionati, quando non siano disponibili o si siano già dimostrati inefficaci farmaci in indicazione, lo Specialista che opera nel presidio di riferimento per una determinata malattia rara può proporre l’impiego di un farmaco al di fuori delle indicazioni autorizzate riportate nel Riassunto delle caratteristiche del prodotto (RCP). Tale uso “off label” può riguardare l’impiego del farmaco secondo una diversa indicazione terapeutica, un diverso dosaggio, una diversa modalità di somministrazione, un diverso gruppo di pazienti, rispetto a quelli per cui ha ottenuto l’Autorizzazione all’Immissione in Commercio e riportati in RCP.

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Uso “compassionevole”

In Italia il cosiddetto “uso compassionevole” dei farmaci è regolamentato dal Decreto Ministeriale 8 maggio 2003 “Uso terapeutico di medicinale sottoposto a sperimentazione clinica” (G.U. n. 173, 28 luglio 2003, Serie Generale). Il DM 8 maggio 2003 prevede che farmaci sottoposti a sperimentazione nel territorio italiano o in un Paese estero, privi dell’autorizzazione all’immissione in commercio, possono essere richiesti direttamente all’impresa produttrice per un uso al di fuori della sperimentazione clinica e che la stessa impresa li debba fornire a titolo gratuito.

Tale decreto prevede l’acquisizione del consenso informato del paziente da parte del curante e prevede che il medicinale debba essere in fase avanzata di sperimentazione.

L’uso terapeutico di farmaci disciplinato dal D.M. 8 maggio 2003 è volto, pertanto, ad assicurare ai pazienti l’accesso a terapie farmacologiche ancora sottoposte a sperimentazione clinica in fase pre-autorizzativa (a cui supporto, tuttavia, siano stati portati a termine almeno studi di fase II con oneri a carico delle imprese produttrici).

L’autorizzazione all’uso compassionevole può essere rilasciata solo nei seguenti casi:

  • il medicinale è sottoposto a sperimentazione clinica sul territorio italiano o in Paese estero;
  • non esiste una valida alternativa terapeutica;
  • il trattamento deve essere destinato a patologia grave o rara ovvero a condizione di malattia che ponga il paziente in pericolo di vita;
  • il medicinale è già oggetto, nella medesima specifica indicazione terapeutica, di studi clinici sperimentali, in corso o conclusi, di fase terza o, solo in casi inerenti condizioni di malattia che pongano il paziente in pericolo di vita, di studi clinici già conclusi di fase seconda;
  • i dati disponibili sulle sperimentazioni sono sufficienti per formulare un giudizio sull’efficacia e la tollerabilità del medicinale richiesto.
  • L’impresa produttrice può fornire il farmaco sulla base di un protocollo, compilato dal medico richiedente e approvato dal Comitato Etico di competenza, previa notifica all’Autorità Competente (AIFA) che ha la facoltà di formulare un eventuale giudizio sospensivo della procedura.

A seguito della richiesta, l’impresa produttrice può fornire il farmaco sulla base di un protocollo in cui siano presenti ed adeguatamente documentate:

  • la motivazione clinica della richiesta;
  • i dati pertinenti relativi alla efficacia ed alla tollerabilità;
  • il grado di comparabilità dei pazienti inclusi nelle sperimentazioni e di coloro per cui è formulata la richiesta;
  • le modalità di informazione al paziente;
  • le modalità di raccolta dati, secondo la logica di uno studio osservazionale.

Il protocollo deve essere sottoposto da parte del medico all’approvazione da parte del Comitato Etico nel cui ambito di competenze origina la richiesta, il quale può operare anche mediante procedura di urgenza, accompagnato da una nota di assunzione di responsabilità del trattamento secondo protocollo da parte del medico richiedente. Contestualmente il protocollo deve essere notificato all’AIFA – Ufficio sperimentazione clinica, i cui uffici possono formulare un eventuale giudizio sospensivo della procedura o dell’uso.

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Legge 648/96

La 648 del 23 Dicembre 1996 è una legge che consente di erogare a carico del SSN, previo parere della Commissione Tecnico Scientifica dell’AIFA – CTS:

  • quando non vi è alternativa terapeutica valida:
    • medicinali innovativi in commercio in altri Stati ma non sul territorio nazionale;
    • medicinali ancora non autorizzati ma sottoposti a Sperimentazione clinica;
    • medicinali da impiegare per una indicazione terapeutica diversa da quella autorizzata.
  • quando vi è alternativa terapeutica valida (Articolo 3 Legge 79/2014): medicinali da impiegare per una indicazione terapeutica diversa da quella autorizzata, purché tale indicazione sia nota e conforme a ricerche condotte nell’ambito della comunità medico-scientifica nazionale e internazionale, secondo parametri di economicità e appropriatezza. I medicinali che acquisiscono parere favorevole dalla CTS vengono inseriti in un elenco con le relative indicazioni terapeutiche e i riferimenti della G.U. in cui trovare i provvedimenti/determinazioni di inclusione completi.

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Farmacovigilanza

La farmacovigilanza è definita come il complesso di attività finalizzate a valutare in maniera continuativa tutte le informazioni relative alla sicurezza dei farmaci e ad assicurare, per tutti i medicinali in commercio, un rapporto beneficio/rischio favorevole per la popolazione.

L’attuale sistema italiano di farmacovigilanza si basa sulla Rete Nazionale di Farmacovigilanza (RNF). Attiva dal novembre 2001, la rete garantisce da un lato la raccolta, la gestione e l’analisi delle segnalazioni spontanee di sospette Reazioni Avverse a Farmaci (ADR) e dall’altro la pronta e capillare diffusione delle informazioni diramate dall’AIFA in merito alla sicurezza dei farmaci, attraverso un network che coinvolge l’AIFA, le Regioni e le Province Autonome di Trento e Bolzano, le Unità Sanitarie Locali, gli Ospedali, gli Istituti di Ricerca e Cura a Carattere Scientifico e le industrie farmaceutiche.

Dal 2006 le attività di farmacovigilanza sono state potenziate attraverso il consolidamento della rete nazionale (con il coinvolgimento dei centri regionali) ed il suo collegamento ad Eudravigilance (EMA) ed al Centro Organizzazione Mondiale della Sanità per il Monitoraggio Internazionale dei Farmaci di Uppsala.

È stato stimato che il 5% di tutti gli accessi in ospedale sono dovuti a ADR, che il 5% di tutti i pazienti già ricoverati in ospedale presenta una ADR, che le ADR sono al quinto posto tra le cause di morte in ospedale. Al fine di promuovere e proteggere la salute pubblica riducendo il numero e la gravità delle ADR e migliorando l’uso dei medicinali, la normativa europea in materia di farmacovigilanza è stata modificata con l’adozione nel 2010, del Regolamento UE 1235/2010, la cui applicazione è operativa dal 2 luglio 2012, e della Direttiva 2010/84/UE, recepita in Italia con il D.Lgs 42/2014.

Con la nuova normativa cambia la definizione di reazione avversa intesa ora come “Effetto nocivo e non voluto conseguente all’uso di un medicinale”: di fatto, con tale definizione, che è indipendente dal tipo di uso del medicinale, sono diventate oggetto di segnalazione anche le reazioni avverse derivanti da errore terapeutico, abuso, misuso, uso off label, sovradosaggio ed esposizione professionale. Un’altra importante novità introdotta con la nuova normativa è la possibilità di segnalazione da parte di pazienti e cittadini, oltre alle nuove modalità di segnalazione via web.

Il DM 30 aprile 2015 introduce una tempistica precisa per la segnalazione delle sospette reazioni avverse: il segnalatore è tenuto a trasmettere la scheda entro 2 giorni, ridotti a 36 ore nel caso di farmaci di origine biologica (vaccini inclusi), al Responsabile della farmacovigilanza dell’azienda sanitaria locale di competenza.

Tutte le segnalazioni di reazioni avverse a livello europeo confluiscono nel database Eudravigilance dove vengono inserite anche le segnalazioni da parte delle aziende farmaceutiche.

Il monitoraggio dei dati raccolti nel database Eudravigilance viene effettuato dall’EMA in cooperazione con gli Stati Membri, mentre il monitoraggio dei dati originati a livello nazionale viene effettuato dallo Stato Membro coinvolto; queste attività sono finalizzate all’identificazione di cambiamenti di rischi o di nuovi rischi attraverso l’analisi dei segnali, intendendo con il termine “segnale” un’informazione proveniente da una o più fonti, osservazioni ed esperimenti compresi, che lascia supporre l’esistenza di una nuova associazione potenzialmente causale, o di un nuovo aspetto di un’associazione nota, tra un intervento e un evento o una serie di eventi collegati, avversi o benefici, ritenuta sufficientemente probabile da giustificare una verifica. La metodologia per l’identificazione ed il processo di gestione del segnale sono stati definiti nel Regolamento di Esecuzione (UE) 520/2012 del 19 giugno 2012 relativo allo svolgimento delle attività di farmacovigilanza previste dal Regolamento (CE) n.726/2004 del Parlamento europeo del Consiglio e della Direttiva 2001/83/CE del Parlamento europeo e del Consiglio.

La nuova normativa è improntata anche ad una maggiore trasparenza e a migliorare la comunicazione. È stato previsto infatti che siano resi disponibili al pubblico, attraverso il portale web http://www.adrreports.eu/:

  • rapporti di valutazione pubblici, unitamente a una loro sintesi;
  • riassunti delle caratteristiche del prodotto e fogli illustrativi;
  • riassunti dei piani di gestione del rischio;
  • elenco dei medicinali sottoposti a monitoraggio addizionale;
  • informazioni sulle diverse modalità per la segnalazione di sospette reazioni avverse dei medicinali alle autorità competenti da parte degli operatori sanitari e dei pazienti, compresi i moduli con maschera web di inserimento dati.

La nuova normativa prevede la possibilità di imporre ai titolari di AIC, al momento della concessione della stessa o successivamente, di condurre ulteriori studi sulla sicurezza e/o sull’efficacia del farmaco. È stato inoltre istituito all’interno dell’EMA il “Comitato di valutazione dei rischi per la farmacovigilanza” (PRAC) che ha il compito di valutare tutti gli aspetti della gestione dei rischi derivanti dall’utilizzo dei medicinali per uso umano, anche per quanto riguarda l’individuazione, la valutazione, la riduzione e la comunicazione relativi al rischio di reazione avverse. Il PRAC dovrà fornire raccomandazioni al CHMP e al Gruppo di Coordinamento (CMD) dell’EMA su qualsiasi situazione emergente in farmacovigilanza e in relazione ai sistemi di gestione dei rischi monitorandone l’efficacia.

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Vigilanza ispettiva sulle farmacie

La vigilanza sulle farmacie è competenza dell’azienda sanitaria locale, che la esercita mediante una Commissione Ispettiva la cui composizione è fissata dalla L.R. n. 33/2009. L’ispezione delle farmacie può essere:

  • preventiva: da effettuarsi prima dell’autorizzazione all’apertura o in caso di trasferimento locali;
  • ordinaria: da eseguirsi ogni due anni ai fini del controllo della regolarità di esercizio;
  • straordinaria: ogni qualvolta l’azienda sanitaria locale lo ritenga opportuno o necessario.

Il verbale di ispezione rappresenta lo strumento tecnico attraverso cui vengono documentate le risultanze dell’atto ispettivo e trasmesse all’azienda sanitaria locale per i conseguenti provvedimenti anche sanzionatori.

 

 

COSA SI CONTROLLA

Gestione amministrativa

 

  • possesso dell’autorizzazione all’apertura e all’esercizio della farmacia
  • elenco dei farmacisti collaboratori e del personale non laureato
  • esposizione dell’orario di apertura della farmacia
  • esposizione dell’elenco delle farmacie in servizio diurno e notturno
  • presenza dell’iscrizione al Registro delle imprese

Locali della Farmacia e Dotazione Tecnica

 

  • Assetto generale degli ambienti: area dispensazione, laboratorio galenico, area dedicata all’autoanalisi o ad altre prestazioni, magazzino e Servizi Igienici
  • Idoneità del servizio igienico e degli spogliatoi
  • Conformità dell’area dedicata all’autoanalisi e alla misurazione della pressione
  • Conformità degli arredi e la loro collocazione che devono garantire la sicurezza nella dispensazione dei medicinali
  • Corretta dispensazione dei medicinali, direttamente in farmacia da un farmacista
  • Presenza della dotazione di utensili e apparecchiature previsti dalla Tab.6 della F.U. XII e s.m.
  • Presenza della documentazione riguardo le istruzioni di pulizia e disinfezione del Laboratorio e delle attrezzature
  • Che gli strumenti per pesare siano stati sottoposti a verifica come da decreto n. 182 del 28/3/2000
  • Presenza di bombole di ossigeno e che siano corredate da AIC, codice Braille e rispettiva scheda tecnica, nonchè correttamente conservate

Dotazione Farmaceutica

 

  • Giacenza dei medicamenti obbligatori della tabella 2 F.U.I.XII ed.
  • Conformità delle specialità medicinali e dei galenici officinali alle norme di legge
  • Presenza negli scaffali di campioni di medicinali destinati ai medici e di cui è vietata la vendita
  • Presenza negli scaffali di specialità medicinali scadute o avariate (articolo 443 del codice penale)
  • Se i medicinali non registrati o dei quali sia stata revocata la registrazione o modificata la composizione, sono detenuti separati dagli altri medicinali con l’indicazione sul contenitore esterno della loro non esitabilità e della destinazione alla distruzione o alla resa
  • Presenza di farmaci per uso veterinario e se sono conformi alla normativa vigente
  • Se sono assicurate le condizioni di conservazione previste dalla F.U. e dalla Circolare 13 01.2000 n° 2 (GU n° 40 del 18.02.2000)
  • Se i contenitori delle sostanze sono chiusi e riportano in etichetta l’indicazione del contenuto (articolo 35 R.D. N. 1706/38)
  • Se, per le materie prime acquistate successivamente al 1° gennaio 2004, sono state riportate sui contenitori e sul certificato di analisi l’annotazione del numero progressivo, della data di ricezione e quella del primo utilizzo
  • Se vengono conservati per 6 mesi dalla data di ultimo utilizzo i flaconi vuoti ed i certificati di analisi delle materie prime
  • Se ogni sostanza è supportata dalla specifica documentazione cartacea come previsto dalla FU (art.34 RD 1706/38 in relazione alla F.U. XII ediz.);
  • Presenza delle dichiarazioni di conformità alla F.U. per i contenitori primari utilizzati per le preparazioni e alla normativa brevettuale italiana per le materie prime
  • Presenza di principi attivi appartenenti alle classi vietate il cui impiego è considerato doping a norma dell’articolo 1 della legge 14 dicembre 2000, n 376 e se sono state effettuate preparazioni galeniche con tali principi attivi

 

 

Medicinali Soggetti a Particolari Norme

 

Verifica delle sostanze e preparazioni stupefacenti e psicotrope (DPR n. 309 del 9/10/1990 e successive modifiche L.12/2001, L. 49/2006 e L.38/2010). In particolare:

  • Custodia (articolo 34, comma 2, RD 1706/38)
  • Registro Entrata ed Uscita (D.P.R. 309/90)
  • Bollettario Buoni Acquisto (articolo 38 e 39 DPR 309/90)
  • Documenti giustificativi dell’acquisto (D.P.R. 309/90)
  • Conformità delle Ricette conservate in farmacia.

Conformità Ricette non ripetibili relative alla tabella 5 della F.U.

Conformità Ricette mediche concernenti preparazioni galeniche Magistrali

Conformità Ricette medico-veterinarie

Sostanze Velenose (tab. III F.U.).

Viene visionata la conformità del luogo di conservazione, delle ricette e del registro veleni.

Alimenti

Conformità dell’attività di vendita ed eventuale preparazione dei prodotti alimentari ai requisiti previsti dal Regolamento CE 178/02 e successivi regolamenti CE applicativi

Cosmetici

Presenza di cosmetici con etichettatura non conforme e oltre il termine di validità

Dispositivi Medici

Conformità alla normativa CE dei dispositivi medici presenti in farmacia e se i presidi medico chirurgici detenuti in farmacia sono registrati

La Commissione ispettiva per l’esercizio della vigilanza, nominata dall’azienda sanitaria locale competente per territorio, opera in autonomia, in base a criteri regolamentari stabiliti dalla direzione generale competente in materia di sanità della Giunta regionale, ed è costituita:

  • dal farmacista dirigente responsabile dell’ufficio farmaceutico dell’azienda sanitaria locale, che la presiede;
  • da un farmacista scelto fra una terna designata dall’ordine provinciale dei farmacisti, costituita da titolari o direttori di farmacie non operanti nel Distretto dell’azienda sanitaria locale in cui è ubicata la farmacia da sottoporre ad ispezione;
  • da un funzionario del ruolo amministrativo dell’azienda sanitaria locale, di categoria non inferiore alla D, che svolge anche le funzioni di segretario.

La Commissione di cui è integrata dal responsabile del Dipartimento di Prevenzione, o suo delegato, per quanto riguarda gli interventi di vigilanza sulle farmacie ai fini igienico-sanitari. Se, a seguito dell’ispezione, si riscontrano violazioni di norme in materia igienico-sanitaria, il titolare è diffidato ad adottare le necessarie misure, entro un termine rapportato alla situazione specifica accertata e verbalizzata; decorso infruttuosamente tale termine il dirigente della competente struttura regionale, su proposta dell’azienda sanitaria locale competente per territorio, dichiara la decadenza dell’autorizzazione all’esercizio. Se gli ispettori ravvisano situazioni di pericolo provvedono immediatamente a rimuoverle, impartendo le opportune disposizioni al responsabile della farmacia e assicurandosi della loro esecuzione.

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Acronimi

  • ACN: Accordo Collettivo Nazionale
  • ADR: Reazioni Avverse a Farmaci (Adverse Drug Reaction)
  • AIC: Autorizzazione Immissione in Commercio (codice di identificazione del farmaco)
  • AIFA: Agenzia Italiana del Farmaco
  • ASL: Azienda Sanitaria Locale
  • ATC: classificazione Anatomica Terapeutica Chimica
  • CHMP: Comitato Prodotti Medicinali per uso Umano
  • COMP: Comitato per i Farmaci Orfani
  • DDD: Dose Definita Giornaliera (Defined Daily Dose)
  • DM: Decreto Ministeriale
  • D.L.: Decreto Legge
  • D.Lgs: Decreto Legislativo
  • DMP: Disease Management Program
  • G.U.: Gazzetta ufficiale
  • HCV: Epatite Virale C
  • ICER: Incremental Cost/Effectiveness Ratio
  • EMA: Agenzia Europea dei Medicinali
  • MCA: Medico di Continuità Assistenziale
  • MMG: Medico di Medicina Generale
  • OMS: Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO: World Health Organization)
  • OsMed: Osservatorio Nazionale sull’Impiego dei Medicinali
  • PDF: Pediatra Di Famiglia
  • RM: Ricetta Ministeriale
  • RMR: Ricetta Ministeriale a Ricalco
  • RNF: Rete Nazionale di Farmacovigilanza
  • RNR: Ricetta Non Ripetibile
  • RNRL: Ricetta Non Ripetibile Limitativa
  • RR: Ricetta Ripetibile
  • RRL: Ricetta Ripetibile Limitativa
  • SSN: Servizio Sanitario Nazionale
  • SSR: Servizio Sanitario Regionale

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