Cap. 13 – Comunicazione, formazione e aggiornamento

Capitolo del Manuale per Operatori di Sanità Pubblica “Governare l’Assistenza Primaria”

Autori: Giulio Menegazzi, Lucia Lesa, Pietro Del Giudice, Silvio Brusaferro

Indice del capitolo:

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La comunicazione per il cambiamento

Nel suo significato etimologico comunicare significa “mettere in comune”, “dividere con”, quindi un’azione che non si esaurisce nella trasmissione unilaterale di informazioni ma che implica un grado marcato di partecipazione. Si può notare come la crescente importanza della comunicazione in ambito sanitario vada di pari passo con lo sviluppo delle conoscenze in ambito psicologico e comportamentale: la comunicazione non cade in un “vuoto sociale”, le informazioni sono processate e re-espresse, ed esiste un continuo scambio di ruoli tra fonti e riceventi. Inoltre tutti gli interventi volti a modificare conoscenze, attitudini e comportamenti si basano su atti comunicativi (1).

Sebbene i bisogni comunicativi varino in funzione di diversi fattori e esigenze, i sistemi di comunicazione presentano elementi ricorrenti (2).

  • Il canale di comunicazione. I canali di trasferimento dell’informazione hanno livelli di capacità e notabilità (capacità di calamitare attenzione) differenti, possono essere sincroni (con una bidirezionalità simultanea) o asincroni (come nelle circolari e nella maggior parte delle comunicazioni istituzionali). La scelta del canale determina anche come viene percepita la rilevanza del messaggio.
  • Tipo di messaggio. Strettamente legato al canale scelto, può essere caratterizzato in maniera più o meno formale ed essere sottoposto a standardizzazione.
  • Politiche e Regolamenti. Le organizzazioni. In particolare quelle complesse, hanno la necessità di dotarsi di atti di indirizzo (politiche) e di regole per comunicare. Una procedura può, ad esempio, porre dei limiti su chi può accedere ad una informazione, pur avendo a disposizione il mezzo tecnico per farlo oppure può individuare un canale per la comunicazione tra l’organizzazione stessa e l’esterno.
  • Gli attori coinvolti. Un sistema di comunicazione può essere modellato attorno a chi lo utilizza. Possono anche essere designati dei ruoli appositi per gestire i flussi nella maniera più idonea.
  • Servizi e dispositivi di comunicazione. In molte organizzazioni non sempre è possibile disporre di strumenti tecnici che sfruttano più canali contemporaneamente. I mezzi multicanale (ad es. gli smartphone), assieme alle fonti che possono essere fruite da più tipologie di dispositivo favoriscono certe strategie comunicative al posto di altre.
  • La modalità di interazione. La distinzione fatta precedentemente tra canali di comunicazione sincroni e asincroni può essere resa più sfumata dall’introduzione di meccanismi di alert che notifichino l’avvenuta comunicazione da parte del mittente.
  • Protocolli di sicurezza. La presenza di dati sensibili e la necessità di governare i flussi di informazione possono portare alla necessità di crittare le informazioni. Questo può avere effetti su buona parte degli elementi descritti sopra.
  • Le strutture organizzative: la centralità del tema della comunicazione riguarda tutti i professionisti nel campo sanitario ma spesso si rende necessario articolare con figure professionali specializzate la funzione. Le esperienze disponibili sono molto diverse ma è importante rendere chiaro ed evidente chi si occupa dell’argomento nei suoi vari aspetti, quale supporto può dare nel contesto specifico e come si inserisce nella politica più ampia dell’informazione adottata dall’organizzazione.
  • Il governo della comunicazione. Obiettivi e metodi della comunicazione possono essere differenti nei diversi contesti, ma definire un governo della comunicazione, soprattutto nelle organizzazioni, è necessario e questo richiede una regia, il coinvolgimento della leadership, l’integrazione ed il coordinamento fra i diversi attori, nonché la sinergia tra i numerosi strumenti utilizzati.

Se lo scopo finale della comunicazione è quello di generare un cambiamento, e nel caso della sanità questo può essere riferito ai professionisti e/o alla cittadinanza, un punto di partenza per stabilire un corretto approccio alla comunicazione è quello di riconoscere qual è lo “spazio” della comunicazione, inteso come l’insieme di tutte le comunicazioni che riguardano più persone o figure, e quindi riguardante sia l’infrastruttura alla base sia gli utenti (2).

A scopo esemplificativo, partendo dall’esempio di piano aziendale di comunicazione di un’azienda sanitaria, si propone uno schema che può essere utile a descrivere le relazioni tra autori e destinatari (tabella 1). La tabella non fornisce un quadro esaustivo di riepilogo di tutte le categorie (i singoli autori possono avere pubblico e strumenti in comune, ma obiettivi diversi) tuttavia, oltre a funzionare da potenziale checklist, illustra la dimensione relazionale della comunicazione.

Tabella 1. Analisi degli elementi essenziali della comunicazione in una azienda sanitaria e delle loro relazioni a partire dall’articolazione organizzative autrice del messaggio.

Modificata da Sarti C. (2010) (3)

Autore del messaggio Destinatari Obiettivo Strumenti Tipo di messaggio Criticità Indicatori di risultato

(efficacia della comunicazione)

Esempio: URP, ufficio stampa, ecc. Cittadini, dipendenti, MMG, ecc. Informare, garantire accesso a servizi, coordinare attività, ecc. Circolari (mail e internet), congressi, riunioni, ecc. Linee di indirizzo, nuove azioni, ecc. Difficoltà a stabilire reti di comunicazione, budget, ecc. Il messaggio ha raggiunto i destinatari?

È stato correttamente compreso?

Ha contribuito a cambiare i comportamenti?

È stato gradito dal ricevente?

Il tema dell’accountability (“rendere conto di”) della comunicazione da parte di un’organizzazione sanitaria, infine, va ad inserirsi tra quei requisiti minimi richiesti dai vari attori della comunità di riferimento. Ad esempio si può ipotizzare che il monitoraggio e la ottimizzazione della comunicazione in un contesto di cure primarie possa essere focalizzato su obiettivi come:

  • Migliorare l’organizzazione interna (tutti gli attori sono informati degli obiettivi);
  • Verificare l’efficacia e la capillarità di diffusione delle strategie attuate (compliance organizzativa);
  • Migliorare le relazioni all’interno dell’organizzazione, con l’utenza e con le altre istituzioni (includendo anche il terzo settore);
  • Migliorare l’accesso ai servizi.

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Barriere alla comunicazione efficace

Nel predisporre un piano di comunicazione per dei professionisti, per una organizzazione o ancora per un gruppo di cittadini interessati a un problema sanitario, è opportuno tener conto tra gli altri: della predisposizione al cambiamento degli interlocutori, dell’esperienza data da precedenti approcci e della presenza di possibili barriere. Ci sono vari tipi di barriere che si posso incontrare.

Un primo tipo, spesso trascurato, è il livello di alfabetizzazione (literacy) degli interlocutori coinvolti nel messaggio che si vuol comunicare. Questo potenziale gap non è proprio della sola comunicazione tra organizzazione sanitaria, professionisti e cittadini, pazienti, ma anche di quella tra gli stessi professionisti e più in generale di quella interna alle organizzazioni. In questo senso un approccio interessante al problema della “health literacy” viene proposto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità così come riportato nella tabella 2.

Tabella 2. Capacità legate alla health literacy: confronto tra cittadini e professionisti (6)
Livello di literacy Abilità di health literacy per il cittadino Abilità di health literacy per il professionista sanitario
trovare informazioni Trovare informazioni e servizi. Aiutare le persone a trovare informazioni e servizi.
comunicazione Comunicare le proprie esigenze e preferenze, e rispondere alle informazioni e ai servizi ottenuti. Comunicare informazioni inerenti la salute e l’assistenza sanitaria.
analisi ed

elaborazione

Analizzare ed elaborare il significato e l’utilità delle informazioni e dei servizi. Analizzare ed elaborare ciò che le persone chiedono in modo esplicito o implicito.
comprensione Comprendere le scelte, le conseguenze e il contesto delle informazioni e dei servizi. Capire come fornire informazioni e servizi utili.
decisione Decidere quali informazioni e servizi corrispondono alle loro esigenze e preferenze in modo da poter effettuare una scelta consapevole ed agire in modo conseguente. Decidere quali informazioni e quali servizi siano più funzionali nelle diverse situazioni e per diversi tipi di persone, in modo da promuovere scelte consapevoli e di conseguenza determinate azioni e specifici interventi.

Un secondo tipo è rappresentato dalle barriere identificate attraverso gli studi sulla compliance dei professionisti con quanto raccomandato dalle linee guida. Questi studi hanno reso evidente che fattori responsabili della mancata adesione possono essere dovuti a problemi di conoscenze (ad esempio, scarsa o insufficiente coscienza del problema, scarsa familiarità con il problema, ecc.); di attitudini (ad esempio l’essere in accordo o meno con quanto proposto dalle raccomandazioni, la bassa auto-efficacia, la presenza di abitudini precedenti o ancora la scarsa aspettativa sull’outcome, ecc.); i comportamenti (ad esempio. le barriere legate alle stesse raccomandazioni come la difficoltà a metterle in pratica in alcuni contesti, le barriere legate al paziente o ancora quelle legate all’ambiente, ecc.) (4).

Un terzo tipo è costituito dai meccanismi psicologici attraverso i quali le persone elaborano il messaggio comunicativo che ricevono e scelgono il comportamento da adottare. In estrema sintesi questi fattori sono stati classificabili nelle seguenti categorie (5).

  • Chi è il mittente. Siamo pesantemente influenzati da chi comunica l’informazione.
  • Incentivi. Gli incentivi giocano su scorciatoie mentali come quella che ci spinge in prima battuta a minimizzare le perdite.
  • Norme. Siamo influenzati da ciò che fanno gli altri.
  • Atteggiamenti di default. Esiste una tendenza ad uniformarsi allo status quo.
  • Emergenza. L’attenzione è attratta da ciò che appare nuovo e rilevante.
  • Incitamento. Le azioni sono spesso influenzate da situazioni che “danno il segnale” anche in maniera inconsapevole.
  • Affettività. Le associazioni emotive sono forti modificatori del comportamento.
  • Dedizione. Legami di solidarietà e attaccamento agli impegni cambiano le priorità.
  • Ego. Agiamo in modo da sentirci meglio con noi stessi.

Quali meccanismi proattivi possiamo adottare per superare le barriere di comunicazione con gli interlocutori? Innanzitutto è importante utilizzare un approccio il più possibile adattato alle caratteristiche del ricevente e che tenga conto della sua alfabetizzazione nell’argomento specifico oltre che del livello di partecipazione che gli viene richiesto (es. un conto è trovare le comunicazioni di interesse, un altro è decidere rispetto alla propria salute).

Esistono anche diverse strategie, strumenti e mezzi, che possono essere adottati in funzione delle singole barriere ed alcuni, a puro titolo esemplificativo, sono proposti nella tabella 3.

Tabella 3. Tipi di barriere al trasferimento di conoscenze e possibili soluzioni. (7)
Barriere Interventi
Barriere di sistema

Interventi di riforma politica e macroeconomica, interventi sui modelli organizzativi, interventi sui sistemi incentivanti, ecc.

Barriere di professionisti locali Approcci su aspetti socialmente influenti, coinvolgimento dei leader della comunità professionale o locale.
Inconsapevolezza dei professionisti Verifiche e feedback.
Conoscenze e attitudini obsolete Approcci educativi tradizionali;

sistemi di alert relativi all’uso di pratiche, prescrizioni ed altro obsoleti.

Compliance Strumenti fungenti da promemoria, in particolare nell’area information technology;

adozione di scelte di default, ecc.

Condivisione diretta di conoscenze tra professionista e paziente Supporti per favorire la health literacy dei pazienti;

adattamento dei linguaggi alla literacy delle persone destinatarie della comunicazioni.

Contraddittorietà delle evidenze Strategie indirizzate ai medici anziché delegate ai medici.
Mancanza di accessibilità Portali internet di informazione, consulenti, attivazione di più canali di accesso, coinvolgimenti di attori della comunità locale (es. farmacie, volontari, ecc.)

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La qualità del messaggio: uso dei dati e strumenti di diffusione

Nel predisporre e valutare in sistema di comunicazione è bene aver presente che non tutti i destinatari sono interessati nella stessa misura al contenuto della comunicazione: selezionare quali informazioni disseminare, e in funzione di quale ricevente è una delle prime azioni da mettere in atto.

Allo stesso tempo spesso la dovizia di dati a disposizione può fare perdere la capacità di coordinare i flussi di informazione in funzione delle priorità. Esiste infatti una differenza tra ciò che è semplicemente un dato grezzo e ciò che è veramente informazione, cioè l’oggetto di interesse della comunicazione. L’informazione è differente in quanto frutto dell’integrazione col contesto reale da cui sono stati estratti i dati, che possono rappresentare anche solo una componente parziale del tutto (Figura 1).

Figura 1. Percorso dalla produzione del dato allo sviluppo di raccomandazioni e interazioni con popolazione studiata e contesto. (8)

Fare sintesi tra i molti dati e le diverse informazioni, anche al fine di prendere delle decisioni, è uno dei momenti critici di tutte le organizzazioni che per questo cercano di mettere a punto degli strumenti specifici. Ad esempio per la comunicazione interna alle organizzazioni sanitarie, strumenti oggi molto usati sono i dashboard di indicatori, ovvero i cosiddetti “pannelli” o “cruscotti” che riassumono e concentrano al loro interno una serie di informazioni frutto della integrazione delle diversi fonti. Questi strumenti sono articolati nella maniera ritenuta più opportuna dalle singole organizzazioni, che in genere ne modificano l’assetto in funzione degli obiettivi e priorità del momento. I pannelli / cruscotti hanno però degli elementi comuni quali:

  • La presenza di dati/informazioni confrontabili a scopo di benchmark;
  • La predisposizione alla condivisione delle informazioni in maniera diffusa all’interno dell’organizzazione, sebbene questo possa verificarsi non sempre a tutti i livelli di leadership;
  • Il coordinamento da parte dei referenti per il miglioramento della qualità, a prescindere dal fatto che i flussi delle informazioni possono provenire ed essere alimentati da gruppi e fonti diverse;
  • L’essere improntati verso la generazione di consapevolezza e focalizzazione sugli obiettivi oltre che per una valutazione della performance (9).

Una volta prodotte le informazioni è necessario diffonderle e per questo il ricorso alle tecnologie informatiche è sempre più diffuso. Queste infatti si adattano con successo sia agli obiettivi di comunicazione interna come ad esempio nel caso del monitoraggio delle performance, dei costi e degli esiti (gli stessi pannelli di controllo di cui sopra sono più gestibili se alimentati in automatico) che alle più diverse esigenze dei cittadini. (10)

Parimenti il ricorso ai social media è un elemento sfruttato su più livelli: se da un lato interessa soprattutto l’aspetto di comunicazione col cittadino, dall’altro le principali organizzazioni che si occupano di salute pubblica a livello internazionale comunicano le loro attività anche attraverso strumenti rapidi come i social network (Twitter o Facebook), rivolgendosi anche alla sfera professionale.

Occorre poi tenere conto che Internet è ormai il secondo strumento di ricerca di informazioni sanitarie per i cittadini dopo il proprio medico curante: circa la metà dei cittadini cerca attivamente informazioni sul web secondo una recente indagine svolta in Italia (11) ma questo dato sottostima il numero di beneficiari indiretti di questa pratica, ovvero le persone non autosufficienti, assistite da un caregiver o semplicemente non autonomi sul web, e i minori.

Da questo punto di vista, è interessante sottolineare come sia importante investire nello sviluppo dei siti web da parte delle organizzazioni ricordando come limitare le loro opportunità di utilizzo alle sole azioni locali non sembra un uso soddisfacente di tutte le potenzialità. Dal punto di vista del cittadino è evidente come lo sviluppo dell’health literacy passi sia dalla capacità di ricevere nozioni di natura sanitaria e di promozione della salute, sia dalla capacità di essere indirizzati in maniera più consapevole verso i servizi più idonei ma ancora dalla possibilità di interagire attivamente.

Lo sviluppo di siti web che promuovono il confronto delle performance sanitarie può essere inoltre una grande opportunità, sia per i cittadini che possono usare una selezione di informazioni per decidere quale servizio scegliere, sia per le organizzazioni sanitarie, che possono usare i dati rilevati a scopo di audit e per la diffusione di comunicazioni interne più efficaci. Questo, naturalmente, richiede la costruzione di network interaziendali e la disponibilità da parte di tutti di mettere in comune le stesse tipologie di dati, raccolte in maniera comparabile (12).

Infine, un tema sempre più critico nell’uso del web è la affidabilità dei siti come fonte di informazione: la pressoché assoluta libertà di rendere pubbliche ed accessibili le proprie opinioni su ogni argomento rende allo stesso tempo difficile stabilire l’autorevolezza e l’affidabilità delle affermazioni riportate e della fonte. Per questo, ad esempio, la National Library of Medicine degli Stati Uniti propone una checklist affinché l’utente possa valutare l’affidabilità del sito da cui sta attingendo informazioni: le domande riguardano ad esempio il provider, i finanziamenti, la qualità e provenienza delle informazioni, la privacy (13).

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La gestione ed il coordinamento della comunicazione

Quali approcci dovrebbero dunque essere utilizzati per comunicare le informazioni ai cittadini e ai professionisti? In generale, il cambiamento può realizzarsi attraverso tre vie diverse, che sono il miglioramento delle conoscenze, atteggiamenti e pratiche (14). Se parliamo di comunicazione in una prospettiva di cambiamento, un risultato desiderabile potrebbe essere quello di potenziare simultaneamente tutti e tre gli ambiti. Per ottenere ciò le strategie di comunicazione che oggi risultano maggiormente efficaci debbono prevedere il ricorso a più mezzi contemporaneamente, con un approccio di tipo multimodale. Ad esempio, le campagne di vaccinazione per i professionisti sanitari che hanno mostrato migliori progressi evidenziavano più ambiti di azione: interventi regolativi, azioni educative, reclutamento di figure modello, migliore accesso alla vaccinazione e monitoraggio con successiva disseminazione dei risultati. L’aspetto da segnalare è che nessuno specifico componente determina singolarmente un cambiamento rapido: un programma di successo dovrebbe contenere più elementi possibile (15).

In termini di organizzazione la definizione di una politica della comunicazione dovrebbe tener conto che, essendo le persone e le loro interazioni il perno principale, diventa una priorità adottare linguaggi comuni e una strategia convergente al fine di evitare confusioni. Questo è particolarmente vero in un contesto, come quello delle cure primarie, caratterizzato da una forte multidisciplinarietà. (16).

E proprio in contesti come le cure primarie è sempre più riconosciuto il ruolo giocato dai team di professionisti nel garantire performance sicure e di qualità. In questo senso diventa importante conoscere quelli che sono componenti di un teamwork di successo e quelli che invece ne rappresentano un ostacolo (tabella 4) (17).

Tabella 4. Elementi di successo e ostacoli alla comunicazione nel team. (17)
Elementi favorevoli Ostacoli
Comunicazione aperta Valori personali e aspettative diversi (anche per ragioni culturali o di genere)
Ambiente non punitivo Differenze di personalità individuali
Direzioni chiare Gerarchia
Ruoli chiari e noti, mansioni attribuite a ciascuno Comportamenti turbativi
Atmosfera di rispetto Rivalità interprofessionali e intraprofessionali “storiche”
Responsabilità condivise Differenza di linguaggio e gergo
Il contributo di ciascuno è equamente bilanciato Differenti agende e routine professionali
Saper riconoscere ed elaborare i conflitti Livelli variabili di preparazione, qualifica e status
Chiarezza sull’autorità e l’accountability Requisiti, regolazioni e norme professionali diverse
Procedure decisionali note e chiare Timori di disperdere la propria identità professionale
Comunicazione e condivisione regolari e di routine Differenze di reddito, ricompense, credito ricevuto
Sviluppare il potenziale dell’ambiente, anche permettendo accesso alle risorse Preoccupazioni riguardo la responsabilità clinica e la complessità delle cure
Valutare gli esiti e regolarsi in base ad essi Eccessiva enfasi su un decisionismo rapido

La necessità di relazionarsi attraverso regole chiare e dentro un contesto definito rende auspicabile la stesura di linee di indirizzo e regolamenti a livello di organizzazione (per lo più aziendale). Essi esplicitano obiettivi, valori, strategie, interventi, tempi e responsabilità delle attività di comunicazione aziendale sia esterna che interna. I piani di comunicazione rispondono ad una logica che può essere definita “marketing interno”, termine mutuato da altre discipline ma che però ha risvolti anche nella realtà delle organizzazioni sanitarie (18). Nella fattispecie, risponde all’esigenza non solo di “far sapere” ma anche di “far conoscere” le proprie capacità e gli elementi di differenziazione rispetto ai concorrenti. In questo caso il “prodotto” da promuovere non è un bene materiale ma l’insieme dei servizi erogati. In funzione di questo approccio la distinzione tra comunicazione interna ed esterna è diventata più labile per lasciare il posto ad un modo di programmare la comunicazione in maniera multi comprensiva e multidisciplinare.

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La formazione

I professionisti sono i protagonisti nel processi di cambiamento ed evoluzione propri dei sistemi sanitari e la riflessione sui loro processi formativi è elemento caratterizzante le organizzazioni sanitarie.

Strettamente collegato alla figura del professionista sanitario e non solo è il concetto di professionalità ovvero la capacità del professionista sanitario di unire peculiarità relative alla componente professionale a quelle della componente personale. In termini più analitici al professionista sanitario vengono chieste:

  • Competenza: tutto ciò che gli individui conoscono o sono in grado di fare in termini di conoscenza, abilità ed attitudini, mantenendole nel tempo;
  • Capacità di adattamento (capability): capacità dell’individuo di adattarsi al cambiamento, di generare nuove conoscenze e di continuare a migliorare le proprie performance (19);
  • Auto riflessione critica (appraisal) : processo strutturato che facilita la riflessione su se stessi e sul proprio operato; (20);
  • Aspetti etici: onestà, confidenzialità, saper evitare i conflitti di interesse;
  • Responsabilità (Accountability) : abitudine a rendere conto delle proprie azioni.

Formazione e professionalità sono strettamente legate tanto che in alcuni studi gli stessi professionisti riconoscono la propria formazione come non adeguata per fornire un’assistenza sanitaria di qualità o una consona educazione del paziente (21). Superare questo “gap” è quindi un priorità per perseguire efficacemente il miglioramento della qualità e la sostenibilità dei sistemi sanitari (22). È noto infatti che servizi migliori sono erogati da coloro che mantengono le proprie competenze attraverso un apprendimento continuo e sistematicamente valutato (23).

Con il termine “formazione” si intende l’insieme di tutte quelle attività che hanno l’obiettivo di fornire informazioni, far vivere nuove esperienze e sviluppare abilità e competenze nel professionista (24).

La formazione quindi è una dimensione necessaria per garantire la professionalità ed è un elemento caratterizzante l’intero arco della attività professionale, distinguendosi in tre grandi momenti::

  1. formazione di base;
  2. formazione specialistica;
  3. formazione continua (continuous professional development secondo i termini utilizzati dall’Unione Europea).

La formazione di base per il professionista sanitario comprende i corsi di studio universitari che forniscono conoscenze e competenze minime caratterizzanti il suo profilo professionale: ci si riferisce ad esempio ai corsi universitari triennali o magistrali a ciclo unico.

La formazione specialistica, inserendosi successivamente alla formazione di base, mira ad approfondire ed a far acquisire ulteriori e specifiche competenze ed abilità nell’ambito di un dato profile professionale e si declina, con corsi di laurea specialistica biennali, diplomi di specializzazione (es. specializzazioni mediche), corsi di alta formazione o master.

Una volta che il professionista si trova a far parte del mondo lavorativo è chiamato a manutenere la propria professionalità attraverso la cosiddetta formazione continua (continuous professional development) che può a declinarsi attraverso molteplici strumenti come: la formazione obbligatoria aziendale, corsi di sviluppo professionale e re-training, master e corsi di perfezionamento, ecc.. In questo processo un particolare significato lo assume il programma nazionale di Educazione Continua in Medicina.

Educazione Continua in Medicina (ECM)

Il programma di Educazione Continua in Medicina (ECM) è un programma nazionale avviato nel 2002 in risposta ai D.Lgs 502/1992 e D.Lgs 229/1999 che avevano istituito l’obbligo della formazione continua in sanità. La gestione amministrativa nel 2008 è stata trasferita dal Ministero della Salute all’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Age.na.s.).

Gli obiettivi formativi nazionali vengono stabiliti dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato le Regioni e le Province autonome e, secondo l’Accordo Stato-Regioni del 2012 (25), tutti i professionisti sanitari devono maturare 150 crediti ECM per triennio. I crediti ECM indicano la quantità della formazione effettuata dall’operatore sanitario in occasione di attività riconosciute dal programma nazionale, il quale prevede l’attribuzione di un determinato numero per ogni area specialistica medica e per tutte le professioni sanitarie (26).

Coordinare la formazione per professionisti sanitari è uno sforzo che richiede innanzitutto pianificazione e va inserita all’interno di una politica per le risorse umane dei sistemi sanitari che richiede la presenza di scenari condivisi di medio-lungo termine (evitando azioni episodiche che generano instabilità e non influenzano significativamente lo scenario). Le fasi principali di questa politica debbono tener conto del ciclo lavorativo dei professionisti ed includono:

  • la pianificazione del fabbisogno;
  • la preparazione ed l’inserimento (es. reclutamento, formazione ed inserimento);
  • il mantenimento e miglioramento continuo dei professionisti (es. motivazione, supporto, autovalutazione, soddisfazione, formazione continua, salute e sicurezza);
  • la valutazione delle performance (es. disponibilità, competenza, produttività, ecc.);
  • la gestione degli attriti e dell’uscita (es. migrazione, evoluzione di carriera, pensionamento).

Elemento centrale nella pianificazione delle risorse umane e della loro formazione è la definizione delle cosiddette core competencies. Con questo termine si intende la abilità provata di usare conoscenze, abilità pratiche e personali, sociali e metodologiche nell’operare in determinate situazioni o nel studiarle e nello sviluppo professionale e personale”. L’uso del termine “core” richiama invece al fatto che si tratta di pre requisiti minimi comuni a tutti i professionisti nel settore specifico (27).

Una delle considerazioni che possono essere fatte attorno a questo concetto è che le stesse core competencies possono essere soddisfatte da individui con trascorsi lavorativi differenti tra loro (anche se solo entro certi limiti) e che la loro declinazione precisa consente di definire anche il percorso formativo necessario a ricoprire una data posizione o ruolo. Più in generale la definizione delle core competencies e, nell’ambito delle organizzazioni sanitarie, della job description richiesta di volta in volta deriva anche la valutazione dei bisogni formativi per i professionisti. È interessante sottolineare come ricorrano nelle diverse definizioni di professionalità e della sua formazione elementi che riconducono alla necessità di un suo ruolo attivo nell’immaginare e definire il percorso professionale e le conseguenti scelte formative. Ad esempio nel corso della propria vita lavorativa un professionista sanitario può infatti trovarsi in una situazione di disallineamento tra competenze già acquisite (“le cose che so fare”), e quelle che vengono messe alla prova tutti i giorni (“le cose che faccio”). In questo caso al professionista è chiesto di riuscire ad analizzare le proprie capacità in funzione della posizione richiesta e/o di quella desiderata e di colmare, attraverso un percorso formativo, eventuali gap che lo separano dall’obiettivo. Nelle organizzazioni più evolute questo processo viene supportato da professionisti esperti che spesso in letteratura vengono citati come mentori.

Anche in questa prospettiva un ruolo importante viene attribuito alle competenze non specifiche richieste al professionista sanitario (24, 28). Si tratta di competenze che possono permettergli di affrontare in maniera adeguata le problematiche presenti all’interno del sistema stesso e indicativamente possono essere riassunte in:

  1. la capacità di fornire un’assistenza incentrata sul paziente assieme ai propri colleghi al fine di mantenere e migliorare la sicurezza e la qualità delle cure (ad esempio per l’identificazione e rispetto dei diversi valori e bisogni espressi, riduzione del dolore e della sofferenza, garantire la continuità delle cure, educazione del paziente e sostegno della prevenzione delle malattie, del benessere e della promozione di stili di vita salutari);
  2. il saper lavorare in team multidisciplinari e saper dirigere e orientare;
  3. il promuovere un ambiente di lavoro libero da discriminazioni, episodi di bullismo e molestie rispettando i possibili diversi contesti d’origine dei colleghi;
  4. la capacità di fornire il proprio contributo in discussioni e decisioni sul miglioramento, utilizzare pratiche evidence-based e partecipare ad attività di ricerca;
  5. il saper riconoscere errori e situazione a rischio, pianificando e mettendo successivamente in atto interventi che abbiano l’obiettivo di aumentare la qualità dell’assistenza e la sicurezza dei pazienti (i.e. standardizzazione e semplificazione dei processi; misurazione della qualità degli interventi in termini di strutture, processi e outcomes);
  6. l’utilizzo di tutte le risorse a disposizione (comprese le risorse tecnologiche e informatiche) per gestire la conoscenza, mitigare gli errori e supportare le proprie decisioni al fine di ottenere un maggior beneficio per i pazienti e tutti i cittadini;
  7. il costituirsi come modello positivo per giovani medici e altre figure professionale, dando il proprio all’insegnamento ed alla formazione dei futuri professionisti sanitari.

Soprattutto nel campo sanitario negli ultimi anni, anche grazie alla grande attenzione posta al tema delle sicurezza delle cure, le cosiddette abilità non tecniche (NOn Technical Skills – NOTS) hanno assunto una grande rilevanza. Le NOTS comprendono capacità cognitive ed interpersonali proprie del singolo professionista e riconducibili al: saper prendere delle decisioni; saper interpretare il contesto; saper comunicare e lavorare in gruppo e al saper esercitare la leadership (tabella 5).

Tabella 5. Sintesi delle principali capacità interpersonali e cognitive incluse nei NOTS (29).
Abilità interpersonali Abilità cognitive
Comunicazione Coscienza della situazione
Leadership Prontezza mentale
Lavoro in team Valutazione dei rischi
Briefing/Preparazione/Pianificazione Anticipazione dei problemi
Gestione delle risorse Prendere decisioni
Ricerca di consigli e di feed back Strategie di adattamento/ flessibilità
Far fronte alla pressione, allo stress ed alla fatica Distribuzione del carico di lavoro

Sebbene il termine leadership possa talora essere interpretato non univocamente, tutti i professionisti sanitari (pure nella differenza di ruoli e di responsabilità) debbono sapersi porre come leader: esercitando l’abilità di influenzare i colleghi ed i pazienti, comunicando una visione chiara ed attraente e allo stesso tempo rimanendo capace di rendere concreta questa visione. Il lavorare in team, infatti, è la dimensione ordinaria dell’operare in sanità e significa interagire non solo con i colleghi e gli altri professionisti sanitari ma anche con pazienti, familiari e comunità che spesso richiedono di essere orientati e guidati verso scelte operative (30).

Abbiamo detto in precedenza che nello sviluppo professionale continuo al professionista sanitario è richiesto un ruolo attivo nell’identificare i propri bisogni formativi e nel disegnare il proprio percorso professionale; anche in questo caso però è necessario sviluppare delle abilità e l’efficacia del percorso di continuous professional development è influenzata dalla sua capacità di (23):

  • creare ed usare un profilo della pratica per descrivere i problemi e gli aspetti dell’attività professionale;
  • esplorare sistematicamente ed efficacemente il proprio ambiente alla ricerca di nuove idee e momenti di crescita professionale;
  • definire un sistema personale di gestione delle conoscenze come fondamento della “information literacy”;
  • formulare “buone” domande e renderle opportunità di apprendimento;
  • saper adottare efficacemente processi e strumenti per una costante valutazione dell’impatto dell’apprendimento su conoscenza, abilità e performance.

All’interno delle organizzazioni sanitarie trova uno spazio molto preciso nei sistemi di accreditamento obbligatorio ed all’eccellenza di tali organizzazioni. Tutti i sistemi nazionali ed internazionali infatti strutturano standard, requisiti ed elementi misurabili sulla base delle principali fasi del ciclo lavorativo dei professionisti che includono: la panificazione del fabbisogno; la preparazione e l’inserimento dei professionisti all’interno degli specifici contesti (ad esempio, il reclutamento e la formazione); il mantenimento e miglioramento continuo (ad esempio, la motivazione, il supporto, la formazione continua); la valutazione delle performance (ad esempio disponibilità, competenza, produttività) e la gestione degli attriti e delle diverse dimensioni della mobilità (migrazione, evoluzione di carriera, pensionamento) (31, 32). La valutazione della performance del professionista infine, è posta in questi sistemi come elemento fondamentale nella crescita professionale, intesa come opportunità di miglioramento continuo. L’assunto è che una diffusa cultura dello sviluppo professionale continuo è essenziale per un costante miglioramento della qualità delle cure fornite dai sistemi sanitari e per un rafforzamento degli stessi (33).

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Acronimi

  • AGENAS:        AGEnzia NAzionale per i Servizi sanitari regionali
  • D.Lgs:             Decreto Legislativo
  • ECM:              Educazione Continua in Medicina
  • NOTS:             Non Technical Skills

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Bibliografia

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  2. Coiera E. Communication systems in healthcare. Clinical Biochemist Reviews. 2006; 27(2), 89
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  4. Cabana M, Rand C, Powe N, Wu A, Wilson M, Abboud P et al. Why Don’t Physicians Follow Clinical Practice Guidelines?. 1999;282(15):1458.
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