Cap. 24 – L’educazione Terapeutica per la persona con diabete

Capitolo del Manuale per operatori “Educare alla Salute e all’Assistenza”

Autori: Umberto Valentini, Silvia Bonfadini, Valentina Turra

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L’EDUCAZIONE TERAPEUTICA NEL DIABETE

Fra le malattia croniche, il diabete è fra le più diffuse e complesse. Per la sua complessità e dinamicità, la sua gestione necessita di un sistema di assistenza continuativa multidimensionale, multidisciplinare che possa permettere la realizzazione di progetti di cura personalizzati a lungo termine, la razionalizzazione delle risorse e il miglioramento della qualità di vita. Tale percorso deve iniziare sin da subito con la presa in carico educativa della persona con diabete.

L’assistenza alle persone con diabete rappresenta, in tutto il mondo uno dei principali problemi di organizzazione dei sistemi di tutela della salute. Nella malattia diabetica l’impatto sociale, economico e sanitario ha imposto la ricerca di approcci terapeutici specifici per la cronicità e peculiari per la complessità della malattia. Se si esclude il notevole progresso scientifico e tecnologico di questi ultimi vent’anni, l’innovazione più rilevante nel campo delle cure diabetologiche è quello dell’educazione terapeutica.

L’educazione terapeutica diabetologia deve essere realizzata dal team di cura che prende in carico la persona con diabete mediante programmi di educazione strutturata documentabili e monitorabili, nella prospettiva che i pazienti, resi consapevoli ed esperti, siano in grado di gestire la propria patologia e incrementare la propria qualità di vita al massimo delle potenzialità.

Il Piano Nazionale sulla malattia diabetica sottolinea l’importanza di avere un team diabetologico in grado di farsi carico della persona con diabete; oltre allo specialista specifico (diabetologo) vi è necessità di integrare nel disegno assistenziale altri specialisti (neurologo, oculista, nefrologo, ortopedico, cardiologo etc.) e altre figure cardine dell’educazione fra cui l’infermiere, il dietista, l’assistente sociale, lo psicologo e il podologo. Il team specialistico, soprattutto se collocato a livello ospedaliero, deve gestire le condizioni acute (ricoveri per esordio di malattia o complicanze del diabete) e deve svolgere consulenza per le Unità Operative di degenza dove sono ricoverati diabetici affetti da altre patologie. Il team diabetologico multiprofessionale opera in modo coordinato attorno ai problemi dell’assistenza alla persona con diabete, elaborando procedure interne ed esterne condivise e revisionate periodicamente e assicurando la condivisione delle informazioni anche ai pazienti. Esso deve mantenere funzioni assistenziali, di formazione di tutti gli altri operatori sanitari coinvolti ma soprattutto deve farsi carico del percorso di educazione terapeutica strutturata.

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L’EFFICACIA DELL’EDUCAZIONE TERAPEUTICA NEL DIABETE TIPO 1 E 2

L’educazione terapeutica è parte integrante della cura del diabete; essa si è dimostrata efficace nel rendere il paziente in grado di gestire trattamenti complessi ed intensivi.

Già nel 1972 la diabetologa statunitense Leona Miller aveva osservato che le persone affette da diabete venivano ricoverate in ospedale più frequentemente rispetto alle persone senza diabete con una durata maggiore della degenza. Inoltre analizzando tutte le cause di ricovero, si era resa conto che molti ricoveri potevano forse essere evitati fornendo un supporto educativo continuo alla popolazione ed un servizio telefonico di aiuto nella gestione dei problemi.

La Miller ha, dunque, attivato nella sua unità operativa un servizio telefonico 24 ore su 24 di aiuto nella gestione dei problemi correlati alla patologia; inoltre tutti i pazienti che si rivolgevano al Pronto Soccorso dell’ospedale per problematiche correlate al diabete erano automaticamente dirottati al servizio di consulenza telefonica e, solo se ritenuto opportuno, riammessi al triage. In seguito all’impostazione di tale sistema, in soli due anni si è osservata una riduzione del 44% dell’ospedalizzazione dei pazienti affetti da diabete a causa di acuzie (coma ipoglicemico, iperglicemie, amputazione di gamba per lesioni necrotiche del piede), che arrivava ad una riduzione dell’80% dei ricoveri per i pazienti diabetici regolarmente seguiti dalla clinica. Tutto questo con un risparmio per il sistema sanitario calcolato intorno ai 3,4 milioni di dollari.

Nel diabete la terapia educazionale ha evidenziato tutte le sue potenzialità, mostrando di per sé di essere in grado di ridurre l’emoglobina glicosilata (HbA1c) di 0.45% rispetto al gruppo di controllo (p= 0.002). Se si considera quanto dimostrato dall’United Kingdom Prospective Diabetes Study (UKPDS), ovvero che per ogni riduzione di 1 punto di HbA1c si assiste ad una riduzione di circa il 25% di mortalità correlata al diabete, è assolutamente intuibile la rilevanza di questo dato. Una recente revisione della letteratura ha dimostrato come programmi di educazione di gruppo per persone con DM2, possono ridurre i valori di HbA1C dopo 1-2 anni.

Lo stretto rapporto tra compenso metabolico e complicanze è stato dimostrato dallo studio UKPDS per il Diabete Mellito tipo 2 (DM2), e dallo studio DCCT (Diabetes Control and Complications Trial) per il Diabete Mellito tipo 1 (DM1); la terapia intensiva migliora il controllo glicemico e ricuce il rischio di complicanze microvascolari di circa il 30% nel DM2 fino ad arrivare ad una riduzione del rischio del 76% di retinopatia e del 50% di nefropatia per il DM1. La conoscenza della malattia e la capacità di gestire la relativa terapia possono permettere di ottenere e mantenere nel tempo un buon controllo metabolico. Al contrario, la difficoltà ad accettare la malattia può ostacolare l’acquisizione di conoscenze ed indurre negligenza nell’applicazione della terapia.

In considerazione dell’elevato costo che la patologia diabetica comporta per il paziente, per chi se ne prende cura, per il sistema sanitario e per la società, è di fondamentale importanza la programmazione di interventi in grado di agire sulla storia naturale della malattia, mantenendo un buon controllo metabolico e prevenendo le complicanze legate alla patologia, attraverso la correzione dell’iperglicemia, dell’ipertensione, della dislipidemia e del normopeso.

È intuibile come questo comporti una modifica radicale del comportamento da parte del paziente a cui viene chiesto di abbandonare le vecchie abitudini e acquisirne di nuove per promuovere comportamenti idonei a prevenire le complicanze.

Purtroppo il diabete è una malattia insidiosa: in genere le persone che ne sono affette, di fronte all’assenza di disturbi reali, non accettano serenamente l’onere della cura e dei controlli. Ma ignorare il diabete, fingere di non averlo, attivarsi solo quando compaiono i sintomi dello scompenso, sono atteggiamenti “a rischio”.

Il diabete implica, come tutte le malattie croniche, un cambiamento nell’esistenza del malato: egli deve da un lato modificare il proprio stile di vita eliminando quei fattori e quelle abitudini che sono incompatibili con la condizione patologica, e d’altro è costretto a tenere sotto controllo la propria salute in modo da evitare peggioramenti. Deve rinunciare all’idea di guarigione e ciò comporta ripercussioni a livello emotivo sia nel paziente che nei suoi familiari. Il diabete presuppone un legame quotidiano con se stessi, con la propria cura di sé, richiede costante attenzione, impegno e scelte consapevoli in un modo complesso e invasivo. Una malattia cronica come il diabete travolge in un vortice che sembra togliere la direzione della propria vita, crea dipendenza da un trattamento, crea significativi cambiamenti nella vita e nella quotidianità e soprattutto produce il forte sentimento di perdita dell’immagine di sé come persona sana, autonoma, indipendente.

Ma la cura della malattia diabetica può avvenire solo con il coinvolgimento attivo del paziente.

Come è possibile realizzare questo? La cura delle malattie croniche in genere, e del diabete in particolare, vede l’operatore sanitario come una persona che ascolta, partecipa, è capace di mettersi in disparte al momento giusto e tiene conto che il cambiamento è un percorso progressivo e non un processo “tutto o niente”. Prima di iniziare un qualsiasi intervento terapeutico bisogna capire come il paziente si pone di fronte al cambiamento. La malattia diabetica, sia quella di tipo 1 sia quella di tipo 2, sconvolge pesantemente la vita quotidiana: la terapia infatti interferisce con il modo di alimentarsi, l’attività fisica, lo stile di vita, gli orari, il lavoro e più in generale il sociale.

Il DM2 è tradizionalmente visto come “la malattia dell’eccesso e del benessere” e offre al contesto di vita del paziente e al mondo sanitario stesso la possibilità di un “atto d’accusa” nei confronti del malato. Un’efficace educazione del paziente persegue l’obiettivo di dare la possibilità al paziente e ai suoi familiari di compiere un percorso di accettazione della malattia, sviluppando un atteggiamento proattivo al cambiamento. L’educazione mirata alla modifica dello stile di vita si è dimostrata efficace nel ridurre l’incidenza del DM2 nei soggetti a rischio. È noto come nei soggetti affetti da DM2 l’educazione terapeutica migliora i comportamenti relativi alla cura del piede, determinando una riduzione del 75% delle amputazioni degli arti inferiori.

Tuttavia nonostante i grandi passi avanti nella comprensione dei meccanismi eziopatogenetici alla base del DM2 e l’ampia possibilità farmacologica a disposizione per il suo trattamento, non sempre nella persona con DM2 riusciamo a raggiungere gli obiettivi educativi e clinici attesi. Un cardine della terapia in questa forma di diabete è per la grande maggioranza di questi pazienti la riduzione del grasso addominale. Le modifiche di comportamento necessarie per dimagrire rappresentano un sacrificio immediato, difficilmente compensato dai benefici, per lo più lontani nel tempo. È necessario un grande impegno congiunto degli operatori sanitari coinvolti (diabetologo, dietista, psicologo, infermiere, medico dello sport) per potenziare la motivazione e la fiducia del paziente, fornendo indicazioni alimentari semplici e flessibili, adattate alle condizioni sociali e culturali del paziente. Qualora il paziente lo desidera, è auspicabile un coinvolgimento dei familiari e prevedere verifiche e rinforzi continui per mantenere a lungo termine i risultati ottenuti.

L’attività fisica quotidiana è l’altro elemento cardine per la terapia del DM2 e, al tempo stesso, obiettivo educativo altrettanto difficile da raggiungere. Spesso il diabete si associa ad altri fattori di rischio cardiovascolare (ipertensione, ipercolesterolemia, obesità, vita sedentaria, stress abituali e fumo), che sarebbe illogico oltre che pericoloso trascurare. Un importante obiettivo educativo per il paziente diabetico consiste nel verificare regolarmente la presenza di uno o più di questi fattori e, qualora fossero presenti, nel curarli con la stessa attenzione che si dedica al diabete.

Numerose sono le esperienze dell’efficacia dell’educazione terapeutica strutturata in questi pazienti. Nell’esperienza del Group Care inizialmente sono stati coinvolti pazienti affetti da DM2 non insulino trattati, randomizzati in piccoli gruppi di 9-10 persone per un totale di 56 pazienti (gruppo di trattamento) e sottoposti a terapia educazionale; il gruppo di controllo riceveva le routinarie visite diabetologiche. La pianificazione dell’attività educazionale è stata eseguita da un team costituito dal diabetologo, dal medico di famiglia, dall’educatore, dallo psicologo, dallo psicometrista. Il percorso educativo presentava i seguenti obiettivi educazionali: controllo del peso corporeo, incremento dell’attività fisica, valutazione critica della scelta dei cibi attraverso la lettura dell’etichetta nutrizionale, aumento della compliance alla terapia, comprensione del significato dei principali test di laboratorio riguardanti il controllo metabolico, gestione e prevenzione dell’ipoglicemia, autogestione in caso di malattie intercorrenti, cura dei piedi, controllo delle complicanze correlate al diabete, cessazione del fumo. A frequenza trimestrale in entrambi i gruppo venivano valutati il peso, l’HbA1c, la pressione arteriosa, i parametri metabolici e somministrati test per valutare la qualità di vita (questionario DQOL- Diabetes Quality of Life), le conoscenze sul diabete (questionari GISED) e le condotte di salute (questionario condotte di riferimento CdR). Pur partendo con valore di glicata al basale sovrapponibili, durante il follow-up il Group care è riuscito a mantenere il buon controllo metabolico, mentre nel gruppo di controllo si è osservato un graduale e significativo peggioramento del valore di HbA1c (p<0,001), rispettivamente, a 2, 4 e 5 anni con una differenza significativa tra i due gruppi a tutti i tempi esaminati. Inoltre, durante il follow up, il gruppo di controllo ha mantenuto sostanzialmente invariato il peso corporeo, mentre il gruppo in trattamento ha mostrato una graduale diminuzione, sebbene non significativa, del BMI (Body Mass Index). In entrambi i gruppi è stato osservato un incremento del colesterolo HDL, maggiore nel Group Care con il raggiungimento della significatività a 4 anni rispetto al basale (p<0,001). La valutazione degli aspetti educativi e psicologici ha permesso di documentare a 5 anni un progressivo miglioramento delle conoscenze dei pazienti sul diabete e della loro capacità di discernere situazioni di rischio e adottare di conseguenza atteggiamenti corretti con maggiore consapevolezza. Anche la valutazione della qualità della vita attraverso il questionario DQOL ha mostrato nel tempo un significativo miglioramento degli indici nel gruppo di controllo ed un peggioramento nel gruppo di controllo (in entrambi i casi p< 0.001 a 2, 4 e 5 anni rispetto al basale).

L’analisi economica eseguita ha permesso di stimare che, anche se durante il periodo di studio il Group Care ha richiesto maggiori risorse rispetto all’approccio standard (196 minuti e 756,54 dollari a paziente, rispetto a 150 minuti e 665,77 dollari a paziente richiesti al gruppo di controllo), esso può essere considerato assolutamente costo efficace; infatti rapportando le risorse investite ai risultati ottenuti si può concludere che per ogni 2,12 dollari investiti nell’educazione terapeutica di gruppo si ottiene un miglioramento nella qualità di vita di un punto.

Analoghi risultati si sono osservati con il progetto ROMEO (Ripensare l’Organizzazione per Migliorare l’Educazione e gli Outcome) che ha coinvolto 13 servizi di diabetologia dell’intero territorio italiano. Sono stati reclutati 815 pazienti diabetici tipo 2 non insulinotrattati, randomizzati in due gruppi (Group Care e gruppo di controllo);
dopo 4 anni i pazienti seguiti con il Group Care hanno mostrato una riduzione dell’HbA1c, del colesterolo totale, del colesterolo LDL, dei trigliceridi, della pressione arteriosa sistolica e diastolica, del BMI, ed un incremento del colesterolo HDL (p<0,001 per tutti) rispetto al gruppo di controllo. Anche la valutazione delle condotte di salute, delle conoscenze del diabete e della qualità di vita ha mostrato un significativo miglioramento nel gruppo di trattamento rispetto al gruppo di controllo (p<0,001).

L’importanza dell’approccio educativo strutturato è stato dimostrato anche nella persona con DM1. La gestione della terapia insulinica intensiva richiede un impegno da parte della persona costante e quotidiano. La valutazione dei livelli di glicemia (sia essa mediante automonitoraggio o i più moderni sensori per il monitoraggio in continuo delle glicemie), della quota di carboidrati assunti con il pasto e della situazione intercorrente (stress, attività fisica…) sono per la persona con DM1 elementi chiavi per la gestione della terapia insulinica intensiva. Nonostante questo “lavoro quotidiano”, la persona può comunque incorrere in ipoglicemie e iperglicemie, e deve pertanto possedere gli strumenti necessari per il riconoscimento e il trattamento di tali variazioni glicemiche.

Lo studio DAFNE ha valutato l’impatto sul controllo metabolico, sulle ipoglicemie e sulla qualità della vita di un corso intensivo sulla modifica della terapia insulinica prandiale in relazione al conteggio dei carboidrati assunti con la dieta in pazienti affetti da DM1. 169 diabetici di tipo 1, suddivisi in due gruppi, hanno seguito un corso educazionale intensivo della durata di 5 giorni tenuto da un team multidisciplinare; uno dei due gruppi ha eseguito il corso a sei mesi di distanza dall’altro gruppo. Analizzando l’effetto del corso educazionale sull’HbA1c è possibile osservare che entrambi i gruppi erano scompensati all’inizio dell’osservazione; dopo sei mesi mentre il gruppo ad intervento immediato ha presentato una graduale e significativa riduzione dell’HbA1c (p<0,0001), che si è invece mantenuta stabile nel gruppo ad intervento ritardato, salvo poi mostrare anch’esso una graduale e significativa riduzione dell’HbA1c dopo aver iniziato la terapia educazionale di gruppo.

Analizzando il numero di ipoglicemie non sono state osservate differenze significative tra i due gruppi; valutando invece l’impatto della flessibilità nella dieta sulla qualità della vita misurata con il questionario ADDQOL (Audit of Diabetes Dependent QoL) anche in questo caso è stata osservata una sostanziale omogeneità nei due gruppi al basale, un significativo miglioramento della qualità della vita a sei mesi nel gruppo ad intervento immediato rispetto al gruppo ad intervento ritardato che ha mostrato una stabilità degli items, salvo poi presentare anch’esso un miglioramento significativo della qualità dopo aver iniziato il corso educazionale.

In conclusione, la letteratura dimostra il ruolo centrale dell’educazione terapeutica strutturata per persone con DM1 e DM2. Gli interventi educativi tradizionali (spiegazioni standardizzate sulla malattia e sul trattamento) migliorano le conoscenze del paziente ma non sono in grado di determinare modifiche comportamentali; gli interventi mirati sulla specificità biopsicosociale della persona e che lo coinvolgano attivamente nel management della malattia sono i più efficaci.

L’educazione terapeutica del paziente diabetico mira a favorire la sua capacità di autogestirsi. Per il paziente si tratta di apprendere nuove nozioni, nuovi comportamenti, nuovi modi di essere e adattarli continuamente alla propria vita. L’acquisizione di nuove conoscenze non è un semplice immagazzinamento di informazioni. Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, il curante non trasmette il suo sapere solo per avere trattato l’argomento con serietà, poiché la mente di chi ascolta non è un sistema di registrazione passivo: le informazioni date verranno infatti decodificate e talvolta deformate dalle concezioni preesistenti nel paziente.

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IL TEAM DIABETOLOGICO

Trasferire alla persona con diabete le competenze adeguate per una efficace autogestione del trattamento è compito del team specialistico diabetologico.

Le diverse figure professionali hanno compiti e competenze diverse e complementari che devono lavorare in sinergia per la persona con diabete

  • Medico diabetologo: concorda con la persona con diabete gli obiettivi della cura, definisce le competenze che il paziente deve acquisire, le tappe del percorso, identifica le eventuali barriere che impediscono una corretta autogestione, condivide la terapia; inoltre tiene la regia del processo educativo: identifica gli obiettivi dell’intervento infermieristico, della dietista, dello psicologo. In particolare inserisce l’intervento educativo nelle diverse fasi di accettazione della malattia, identifica le priorità, gli indicatori di verifica, personalizza l’educazione terapeutica tenendo conto dell’età, delle conoscenze, della cultura individuali.
  • Infermiere diabetologo: si occupa dell’educazione tecnica e specifica (uso degli strumenti per misurare la glicemia, tecnica di auto somministrazione dell’insulina, correzione dell’ipoglicemia, prevenzione delle lesioni dei piedi, utilizzo strumentazione tecnologica), accoglie e raccoglie le necessità della persona condividendole con il team.
  • Dietista: in accordo con il piano di cura concordato con il medico, pianifica la terapia alimentare, partendo dall’anamnesi alimentare della persona. Condivide con la persona consigli nutrizionali e apprendimenti relativi alle categorie di alimenti, al loro apporto nutrizionale e al loro impatto sulla glicemia. Utilizza strumenti di verifica e monitoraggio quali il diario alimentare condiviso con il paziente e condivide e concorda con la persona un piano alimentare personalizzato (conteggio carboidrati, etnie e necessità alimentari specifiche).
  • Psicologo esperto in cronicità: partecipa alla formazione del team in ambito educativo, definendo le modalità e le tecniche pedagogiche. Lo psicologo è presente in tutte le fasi della presa in carico della persona con diabete offrendo inquadramento diagnostico e psicopatologico ed eventuale supporto in caso di necessità.

Il team specialistico deve interagire con una comunicazione valida ed efficace con gli altri specialisti presenti all’interno della struttura ospedaliera (nefrologi, cardiologi, ortopedici, ginecologi..), oltre che con le figure dell’assistenza primaria, strutture ambulatoriali e contesti socio-assistenziali. Il team dovrebbe avere una competenza specifica in educazione terapeutica, sottoposta a continui aggiornamenti e verifiche.

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GLI STRUMENTI DELL’EDUCAZIONE TERAPEUTICA IN DIABETOLOGIA

L’educazione terapeutica richiede sistematicità e organizzazione; essa ha fatto propri diversi metodi e strumenti provenienti dal campo della pedagogia, psicologia, sociologia e delle scienze umane più in generale. Nella pianificazione di un intervento di educazione terapeutica è necessario utilizzare dei metodi pedagogici che siano standardizzati e scelti in funzione delle caratteristiche del gruppo di pazienti ai quali ci rivolgiamo: bambini, adolescenti, adulti, anziani, persone con differente livello culturale, che richiedono metodi educativi differenti. L’educazione del paziente, infatti, esige una pedagogia differenziata, centrata su colui che apprende e sulle sue caratteristiche; non esiste un unico metodo, ma un insieme di metodi indicati per differenti contesti o per differenti categorie di persone. Tutto il personale sanitario deve servirsi di un linguaggio semplice e concreto quando si rivolge ai pazienti, abbandonando il gergo professionale e verificando spesso la comprensione delle parole scelte. Anche termini considerati di uso comune dai sanitari sono spesso interpretati in modo errato dai pazienti “non addetti ai lavori”, con possibili conseguenze negative.

L’intervento educativo dovrà essere adattato al “momento del paziente” e al suo attuale grado di accettazione della malattia.

Ma quali metodologie utilizza l’educazione terapeutica?

Il processo educativo ideale dovrebbe offrire alla persona momenti di educazione individuale e di gruppo in maniera integrata, in modo da sfruttarne i vantaggi e ridurre i limiti di entrambe le metodologie.

Il rapporto individuale consente di personalizzare al massimo il processo educativo adattandolo ai bisogni e alle esperienze del singolo paziente. Tuttavia può essere limitativa per l’apprendimento e richiede un maggior sforzo organizzativo con impiego intenso di risorse umane, temporali ed economiche.

Nel colloquio con il paziente verranno applicati i principi del counseling e dell’ascolto attivo: il curante stimolerà il paziente a parlare grazie all’uso di domande aperte, lo ascolterà con attenzione, estrapolando le informazioni che ritiene importanti, riassumendole attraverso puntuali riformulazioni che testimonieranno al paziente di essere stato ascoltato e capito. Per motivare il paziente ai cambiamenti necessari, si utilizza il colloquio motivazionale. Possono essere, inoltre, usate le mappe concettuali, strumento grafico per rappresentare le proprie conoscenze relative ad un argomento.

L’educazione in gruppo consente invece un risparmio in “tempo sanitario” e permette maggior condivisione e scambi fra pazienti e curanti. Il gruppo ideale è composto da 10-15 partecipanti, omogenei se possibile per problemi, ma non per esperienza o età, in modo da favorire la condivisione e il confronto. Si possono inoltre effettuare corsi dedicati a tematiche particolari, quali per esempio la cura dei piedi, il conteggio dei carboidrati o la programmazione di gravidanza.

Altra forma di educazione terapeutica strutturata di gruppo è quella residenziale, nella quale la persona può “condividere e confrontarsi” con suoi pari in una dimensione esterna a quella ospedaliera e/o ambulatoriale di cura.

Esistono diversi strumenti utilizzabili nell’educazione di gruppo, fra i quali quelli maggiormente usati in ambito diabetologico sono:

  • il brainstorming: tecnica di creatività di gruppo per far emergere idee volte alla risoluzione di un problema. Sinteticamente consiste, dato un problema, nel proporre ciascuno soluzioni di ogni tipo senza che nessuna di esse venga minimamente censurata.
  • conversazioni Maps: una serie di immagini e metafore riprodotte su pannelli costituiscono un vero e proprio gioco da tavolo interattivo che alimenta e favorisce il dialogo tra diabetici e operatori sanitari.
  • il Metaplan®: metodologia che consente una visualizzazione del problema mediante l’ausilio di cartoncini sui quali ogni partecipante esprime il suo pensiero in merito a un preciso argomento. Il punto forte di Metaplan® è la sua capacità costruttiva di gestire una discussione di gruppo con opinioni dei singoli, esperienze, soluzioni, paure di tutti in un registro percettivo acustico e visivo guidato da un insieme codificato di materiali e di regole d’uso.
  • il role playing si fonda sull’idea di far emergere aspetti dell’individuo (ad es. motivazioni, atteggiamenti, difficoltà, ecc.) con la “messa in scena” di eventi interattivi.
  • il “caso”: consiste in un’esposizione scritta di un fatto reale o verosimile (un fatto di cronaca o uno stralcio di storia, di esperienza), come stimolo ad un esercizio di analisi delle cause, degli elementi di rilievo e delle eventuali decisioni da prendere o di idee utili da trarne.

Esistono tuttavia altre strategie educazionali di gruppo sperimentate, come il teatro, che possono aiutare le persone ad elaborare i vissuti problematici che ostacolano la crescita, permettendo di superarli e di poter riattingere alle proprie risorse.

Indipendentemente dalla metodologia utilizzata l’educazione terapeutica individuale e di gruppo richiede ambiente idoneo e confortevole in grado di facilitare la concentrazione del paziente, la condivisione e la sperimentazione. Standardizzati devono essere anche le tempistiche e le modalità di svolgimento delle singole attività educative.

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L’ESPERIENZA EDUCATIVA DIABETOLOGICA IN REAL LIFE

L’Unità Operativa di Diabetologia (UOD) del ASST Spedali Civili di Brescia ha in carico circa 7000 persone con diabete, di cui più di 1000 con DM1. Ogni anno sono circa 40 i nuovi esordi di DM1; circa 30 il numero di passaggi dalla pediatria al nostro servizio dell’adulto.

L’attività di educazione terapeutica è inserita routinariamente all’interno del nostro operato diabetologico e viene svolta da tutto il personale della struttura.

L’unità operativa si avvale della presenza di un team specialistico e dedicato, formato da medici, infermieri, dietista e psicologo. Sono previste giornate di aggiornamento individuali e di gruppo, attività di audit interni e supervisione strutturata della attività educativa. Questa attività viene svolta periodicamente dallo psicologo della struttura mediante l’osservazione di colloqui e visite routinarie del personale medico, infermieristico e dietistico. Sono stati individuati indicatori educativi, comunicativi, di processo e di esito; la valutazione delle criticità dei punti di forza permettono un continuo aggiornamento e crescita del team.

L’offerta formativa ed educativa per la persona con diabete inizia dal momento di presa in carico della persona con nuova diagnosi di diabete o di primo accesso al nostro servizio; essa può essere proposta a livello individuale e/o di gruppo.

Sono presenti percorsi specifici individuali strutturati per la presa in carico della persona con DM1 all’esordio e per “passaggio pediatria”, che descrivono in maniera dettagliata le tappe educative con i relativi ruoli specifici dei singoli operatori ed obiettivi formativi, educativi e psicologici concordati con la persona. L’avvio di terapia con microinfusore sottocute richiede l’ingresso del paziente in un percorso strutturato multidisciplinare (dietista, infermiera tecnologica specializzata e medico, psicologo se necessario) di educazione terapeutica alla gestione della terapia insulinico intensiva sottocutanea.

La presenza integrata nel team dello psicologo permette l’offerta di colloqui individuali, programmati di routine per tutti i nuovi esordi di DM1 nel primo anno di presa in carico; colloqui di conoscenza su richiesta e necessità del paziente per i ragazzi del percorso “passaggio pediatria”; colloqui psicologici e di sostegno per persone con difficoltà o disturbi psicopatologici che possono interferire con la gestione della patologia. Tutti i colloqui individuali sono registrati dalla psicologa su apposita scheda inserita all’interno della cartella clinica informatizzata e visualizzabile dalla restante équipe diabetologica, per integrare il lavoro e l’approccio clinico tra le varie figure del team.

La persona con diabete (e i suoi familiari) hanno poi a disposizione una serie di percorsi strutturati di gruppo nell’ambito del continuum di cura; essi possono risultare particolarmente utili in persone che presentano difficoltà personali (ansia, depressione o difficoltà legate alla rabbia e alla gestione della quotidianità) o problematiche di gestione della patologia. Tali corsi sono approvati dalla Direzione Sanitaria e riconosciuti dal Servizio Sanitario Nazionale come “terapia educativa di gruppo”.

Negli anni sono entrate a far parte dell’offerta formativa/educativa routinaria per la persona con diabete in carico presso la nostra Unità Operativa di Diabetologia le seguenti attività di gruppo.

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PERCORSO FORMATIVO-PSICOEDUCATIVO DI GRUPPO “LA GESTIONE DELLA TERAPIA INSULINICA INTENSIVA: TRA STRATEGIE ED EQUILIBRI NON SOLO GLICEMICI”

Questo percorso è articolato in 5 incontri pomeridiano/serali di 3 ore ciascuno a cadenza settimanale; mediamente vengono organizzati 3/4 corsi annuali. Il corso prevede la presenza integrata del medico, dello psicologo e del dietista della diabetologia e viene svolto all’interno della sala educativa della struttura. L’obiettivo formativo principale è quello di verificare/confrontarsi sulle competenze relative agli aspetti-cardine della terapia insulinica intensiva nella persona con DM1 (obiettivi glicemici, fattore di correzione, ipo/iperglicemie, alimentazione, carboidrati, gestione dell’attività fisica e sportiva) uniti con l’aspetto psicologico della gestione delle emozioni. Grazie alla presenza dello psicologo, vengono esplorate le emozioni che emergono nella gestione quotidiana del diabete, condividendo il modello cognitivo di riconoscimento dei pensieri automatici e di interpretazioni della realtà, l’effetto dello stress sulla glicemia, il riconoscimento e l’utilità anche di emozioni difficili come ansia, paura, rabbia, tristezza, disgusto, vergogna ed senso di colpa. Attraverso la discussione guidata, Metaplan, giochi esperienziali e la condivisione delle esperienze dei partecipanti, si cerca di fornire alcuni strumenti per riconoscere la propria emotività e comprendere come questa possa condizionare la gestione della terapia insulinica intensiva.

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Corso residenziale “E-motion tra attività fisica ed emozioni”

Il corso ha come finalità quella di trasmettere competenze sulla gestione della terapia insulinica intensiva e nutrizionale nelle persone con DM1 in relazione ad una situazione assai complessa per la sua gestione quale l’attività fisica. Questo corso vede il coinvolgimento di diversi operatori sanitari (medici, infermieri, dietista, laureati in scienze motorie, psicologo), persone diabetiche con i loro familiari ed associazioni di volontariato, in una esperienza residenziale a tutto tondo, che permette di convivere con le difficoltà, le sfide, le idee risolutive e il divertimento, trasformando, così, conoscenze teoriche in strategie pratiche per migliorare l’autogestione dell’attività fisica e del movimento nella gestione del DM1. È noto come l’esercizio fisico regolare contribuisca al miglioramento dello stato di salute dell’uomo, fornendo importanti benefici sia di carattere psicologico che fisico, in particolare a livello metabolico, cardiovascolare ed osteoarticolare. Nei pazienti in terapia insulinica intensiva, la gestione dell’attività fisica necessita tuttavia di una buona preparazione, al fine di garantire una prestazione fisica performante e al tempo stesso sicura.

Nel weekend residenziale si lavora utilizzando molti strumenti e metodologie proprie dell’educazione terapeutica quali Metaplan, attività esperienziali, giochi di ruolo, ascolto attivo.

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Corso educativo di gruppo sulla cura e prevenzione delle lesioni al piede

Il corso, svolto in autonomia dal personale infermieristico qualificato della struttura, si pone come finalità quella di fornire alla persona con diabete informazioni e strumenti per la corretta cura del piede e prevenzione delle lesioni. L’ascolto attivo, la condivisione e utilizzo di strumenti validati quali la “valigetta del piede” (GISED), consente un coinvolgimento attivo ed un apprendimento più efficace.

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Corsi formativi sul corretto utilizzo dei sensori per il monitoraggio in continuo della glicemia

Data la diffusione delle tecnologie nella cura del DM1 e DM2, in particolare il sempre più frequente utilizzo di sensori per il monitoraggio in continuo del glucosio interstiziale, si è reso necessario l’avvio di corsi educativi per il corretto utilizzo e gestione di tali tecnologie. A partire dal 2015 il personale medico ed infermieristico qualificato diabetologico è coinvolto attivamente in corsi, a cadenza settimanale, con incontri di due ore rivolti a gruppi di 15/20 persone. Vengono utilizzati confronto e ascolto attivo, domande aperte, discussione visualizzata e guidata.

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LA GESTIONE DELL’ASPETTO EMOZIONALE COME PARTE INTEGRANTE DELL’EDUCAZIONE TERAPEUTICA: STRATEGIE INNOVATIVE

Nonostante gli sforzi educativi e pedagogici, l’aderenza del paziente alla continuità delle cure, l’apprendimento e l’autogestione consapevole della malattia diabetica rimangono per alcuni pazienti delle problematiche aperte. Un possibile ostacolo al raggiungimento di tali obiettivi potrebbe risiedere nella componente psico-emotiva legata alla malattia. Negli ultimi anni il mondo diabetologico ha sempre più preso consapevolezza di come la componente psico-emotiva sia parte integrante della persona con diabete e di come essa possa influenzare, spesso negativamente, la gestione della patologia. Gli sforzi delle maggiori società scientifiche nazionali e non e dei gruppi di studio sull’educazione, hanno stressato l’attenzione sull’importanza di un corretto inquadramento psico-emotivo della persona in cura. I dati presenti in letteratura indicano che la depressione e l’ansia sono più comuni tra i pazienti diabetici che tra la popolazione generale; queste condizioni possono influenzare negativamente la gestione quotidiana del diabete. Inoltre, le emozioni associate al diabete possono portare il paziente ad assumere comportamenti disadattivi che spesso si traducono in uno scarso controllo metabolico.

Tuttavia ancora poche sono le offerte educative terapeutiche per la persona con diabete per la corretta consapevolezza e gestione di tale componente, probabilmente per mancanza di risorse temporali, economiche e professionali qualificate.

Da qui il lavoro iniziato qualche anno fa di inserimento nei percorsi psico-educativi individuali e di gruppo già esistenti in UOD di strategie per migliorare la consapevolezza e gestione della componente “psico-emotiva” mediante un approccio di tipo cognitivo-comportamentale. Incrementare le conoscenze dei pazienti relative agli aspetti psicoemotivi correlati alla malattia e l’impatto delle emozioni sulla gestione della malattia stessa potrebbe completare ad arricchire il processo di formazione educativa rendendola ancora più efficace e duratura nel tempo.

Sentimenti di rabbia, disgusto, ansia, vergogna e colpa possono accompagnare la persona con diabete di fronte a episodi di ipoglicemia o iperglicemia, diventando una barriera emotiva che li conduce ad agire in automatico, sull’onda dell’emozioni, mettendo in atto comportamenti non sempre adeguati per le correzioni quotidiane della terapia. Il mancato riconoscimento e l’inadeguata gestione della componente psico-emotiva legata alla gestione del diabete, potrebbero determinare la comparsa di veri e propri disturbi psicopatologici, oltre che rappresentare una possibile barriera al raggiungimento di una gestione funzionale del diabete. Nella persona con diabete sono inoltre frequenti disturbi quali alessitimia, depressione, disturbi d’ansia, problemi di discontrollo, impulsività e gestione della rabbia.

Offrire al paziente strategie per la gestione delle proprie emozioni e per aumentare la propria consapevolezza dovrebbe rappresentare una componente integrativa del percorso psicoeducativo di cura assistenziale della persona con diabete. Una possibile strategia aggiuntiva a quella strettamente pedagogiche educative ad oggi utilizzate potrebbe trovarsi nella psicoeducazione cognitivo-comportamentale e nelle pratiche di mindfulness.

Con il termine mindfulness si intende l’intenzionale sviluppo dell’attenzione rivolta al momento presente e l’adozione di un particolare atteggiamento caratterizzato da curiosità, apertura e accettazione delle esperienze così come sono, senza cercare di alterarle o manipolarle in alcuna maniera.

Gli interventi basati sulla mindfulness si sono ad oggi dimostrati efficaci per una grande varietà di patologie croniche, fra cui stress, ansia, depressione e dolore cronico. L’efficacia della mindfulness è stata confermata anche nelle persone con diabete in diversi trail randomizzati e controllati; le esperienze in real lifesono ancora limitate. Nello studio Diamind, condotto su 139 pazienti affetti da DM1 e DM2, l’applicazione di un programma di mindfulness ha determinato una riduzione dei livelli di stress, ansia e depressione dopo solo 8 settimane di trattamento; tale effetto positivo si è mantenuto anche a distanza di 6 mesi dal trattamento.

Rosenzweig e collaboratori hanno dimostrato come dopo un solo mese di pratiche di consapevolezza mindfulness in persone con DM2 si osservava un miglioramento clinico con riduzione dell’emoglobina glicata; tale miglioramento era direttamente correlato con la riduzione del livello di stress, ansia e depressione del gruppo in trattamento. Lo studio di Tovote ha evidenziato l’efficacia del trattamento di Mindfulness nella riduzione della sintomatologia ansiosa, depressiva e dello stress legato al diabete.

Negli ultimi anni all’interno della nostra realtà diabetologia è stato proposto per le persone con diabete un percorso formativo-esperienziale di gruppo di mindfulness (MBSR- Mindfulness Based Stress Reduction). Condotto dallo psicologa del centro, psicoterapeuta formato in mindfulness, con la presenza di uno o più medici dell’équipe, il corso è articolato secondo il programma MBSR e strutturato in n° 8 incontri a cadenza settimanale della durata di circa 3 ore e una giornata intensiva conclusiva. Durante il corso vengono condivise strategie e modalità per aumentare la consapevolezza di sé attraverso esercizi di attenzione e di meditazione mindfulness, portando l’attenzione al presente con intenzionalità, con un atteggiamento non giudicante e mirato al riconoscimento e all’accettazione dei propri pensieri ed emozioni. Ai partecipanti è stato chiesto di praticare, attraverso dei file audio, almeno 30 minuti al giorno di meditazione mindfulness a domicilio, per poi condividere e proseguire il lavoro negli incontri di gruppo in aula. Obiettivo ultimo del corso è quello di ridurre i livelli di stress, ansia e depressione che possono essere presenti nella persona con diabete.

Nella nostra esperienza, abbiamo osservato una riduzione significativa in termini di frequenza e intensità dei sintomi della depressione (valutati mediante test beck depression inventory – BDI) e del livello di stress legato alla gestione del diabete (valutato mediante il questionario PAID-5 – Problem areas in diabetes- short form) (p<0,01).

La nostra esperienza, i cui dati sono in fase di pubblicazione, suggerisce come una strategia educativa basata sulla consapevolezza e attenzione per l’aspetto emotivo della persona possa essere una valida strada da percorrere per migliorare l’aderenza del paziente al piano di cura.

L’integrazione nell’intervento psicoeducativo della componente emotiva e di strategie per il suo riconoscimento e gestione rappresentano un’evoluzione nel modo di approcciarsi al percorso assistenziale per la persona con diabete; essa sembra dimostrarsi una strategia aggiuntiva ed innovativa per aumentare l’efficacia dell’intervento educativo.

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Glossario
  • BMI           Body Mass Index
  • DCCT         Diabetes Control and Complications Trial
  • DM1           Diabete Mellito tipo 1
  • DM2           Diabete Mellito tipo 2
  • DQOL        Diabetes Quality of Life
  • HbA1c        emoglobina glicosilata
  • MBSR        Mindfulness Based Stress Reduction
  • UKPDS       United Kingdom Prospective Diabetes Study

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Bibliografia
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