Cap. 25 – L’educazione terapeutica del bambino e dell’adolescente con diabete

Capitolo del Manuale per operatori “Educare alla Salute e all’Assistenza”

Autori: Dario Iafusco, Antonietta Chianese, Santino Confetto, Maria Di Bernardo, Alessia Piscopo, Serena Rollato, Alda Troncone, Angela Zanfardino

Indice

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Forse in nessuna altra patologia, come nel diabete mellito tipo 1, l’educazione terapeutica deve essere considerata parte fondamentale della cura del bambino e dell’adolescente e deve coinvolgere tutta la famiglia.

La neodiagnosi di diabete, infatti, impone alla famiglia una rivisitazione del proprio stile di vita nel quale devono inserirsi una serie di “manualità” imposte dal diabete come la terapia insulinica e l’autocontrollo metabolico della patologia (glicemia, chetonemia ecc) e, molto spesso, la necessità inderogabile di riacquisire le regole della buona alimentazione che, talvolta, si sono perse.

Fin dal momento della diagnosi, durante il primo e spesso unico ricovero nel Centro Regionale di Diabetologia Pediatrica “G. Stoppoloni” della AOU-Università della Campania, il paziente ed i suoi familiari incontrano il “Team curante” che è costituito da una serie di figure sanitarie (Diabetologo Pediatra, Nutrizionista, Psicologo, Infermiere Pediatrico) che praticano un vero e proprio corso strutturato che prevede tre “lezioni” principali e tutta una serie di incontri-chiacchierate che mettono in pratica il noto aforisma diabetologico che recita: “Curare gli altri è bene, ma insegnare agli altri a curarsi da soli è meglio!

L’esperienza traumatica vissuta dalle famiglie rende questi incontri particolarmente intensi e ricchi di spunti di discussione con domande che necessitano di risposte pronte, sicure ed efficaci. Con le prime persone con le quali si viene a contatto durante questi corsi di “iniziazione” all’autogestione si crea, spesso, un vero e proprio “imprinting”, una empatia che, talora, non deve meravigliarci, può durare tutta la vita!

D’altra parte, le mamme ci raccontano che uscire dalla clinica dopo la dimissione di un figlio di qualunque età che ha sviluppato, improvvisamente, il diabete mellito assomiglia molto, in termini di responsabilità di cura, all’esperienza dell’andata a casa dopo il parto quando ci si ritrova, improvvisamente, soli con il proprio fagottino, senza sapere, in pratica, come fare a gestire al meglio la nuova condizione.

La triade terapeutica nel bambino e nell’adolescente con diabete prevede, tradizionalmente:

  1. la terapia insulinica, praticata con le penne o con il microinfusore
  2. l’adozione di una alimentazione corretta e sempre più simile alla dieta mediterranea, con almeno tre pranzi principali e due spuntini da praticare compatibilmente con la cinetica delle insuline praticate
  3. l’esercizio fisico.

Fin da subito, dunque, è importante che il paziente riceva una serie di consigli, di “dritte” da parte del Team curante, ed è molto importante che si crei un rapporto molto stretto tra le famiglie e i membri del Team; un rapporto fatto di condivisione di esperienze, di fiducia reciproca e di empatia.

Affinché il piano educativo ottenga i suoi frutti, è necessaria, infatti, la presenza di tre atteggiamenti essenziali: la “compliance” che indica la misura in cui il paziente segue le raccomandazioni del curante, la “aderenza” che indica la corrispondenza tra comportamento del paziente e raccomandazioni del curante e, infine, la “concordanza” che implica una sorta di “accordo terapeutico” per ottenere il miglior controllo metabolico possibile salvaguardando al massimo la qualità della vita. Soprattutto quest’ultimo atteggiamento è tipico della Diabetologia Pediatrica.

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ALIMENTAZIONE DEL BAMBINO E DELL’ADOLESCENTE CON DIABETE

Della triade terapeutica dei bambini con diabete mellito tipo 1, terapia insulinica, attività fisica e alimentazione, quest’ultima è sicuramente quella più ricca di significati e di risvolti psicologici e, probabilmente, quella che ha il maggior numero di implicazioni sulla qualità di vita del bambino e della famiglia.

Per tale motivo, si discute da tempo sulla opportunità non solo di prevedere la figura del Nutrizionista nel Team curante di Diabetologia Pediatrica, ma anche sulla stretta interconnessione che tale figura professionale deve avere con i medici, gli psicologi e gli infermieri del Centro.

È innegabile che una corretta alimentazione possa promuovere, infatti, un buono stato di salute, favorire la crescita dell’individuo, consentire il raggiungimento di un buon controllo metabolico, prevenire le complicanze e migliorare la qualità di vita del paziente. È indispensabile, quindi, da parte del Team curante, dei familiari e di tutte le figure professionali che vivono attorno al bambino (babysitter, insegnante, allenatore, ecc.) un lavoro continuo per far sì che egli possa acquisire e mantenere abitudini e comportamenti alimentari corretti.

L’alimentazione del bambino e dell’adolescente con diabete mellito tipo 1, in Italia e soprattutto in Italia meridionale, non è sostanzialmente differente da quella di un coetaneo sano. La dieta mediterranea, infatti, è da sempre considerata l’”optimum” per un paziente con diabete. L’unica precauzione deve essere una corretta suddivisione dei pasti nel corso della giornata per bilanciare i picchi di azione delle insuline. Nello stesso tempo è molto importante poter integrare l’alimentazione con l’organizzazione di vita del bambino. Per esempio, se nella classe frequentata dal bambino con diabete è previsto uno spuntino a metà mattinata, è necessario fare in modo che il piccolo possa partecipare a tale momento ricreativo e che possa egli stesso consumare uno spuntino uguale, nonché “competitivo” con quello dei suoi amici per ragioni di omologazione culturale e sociale. È paradossale ma la frequente pubblicizzazione di alcune merendine industriali da parte della televisione durante la trasmissione di cartoni animanti o di programmi indirizzati ai bambini rende necessario che alcuni di questi prodotti commerciali siano, nei limiti del consentito, presi in considerazione nell’ambito della programmazione del piano alimentare di un paziente con diabete di età pediatrico-adolescenziale o, comunque, previsti come trasgressioni programmate. Queste ultime diventano meno rischiose delle trasgressioni cui il paziente inevitabilmente andrebbe incontro senza un opportuno addestramento alla cogestione del piano alimentare.

D’altra parte, un aiuto in tal senso è venuto dalla nostra legislazione che ha obbligato le industrie a specificare sulle confezioni le tabelle nutrizionali che possono agevolare enormemente la possibilità di scelta degli alimenti più idonei.

Premesso che l’impostazione del piano alimentare deve tenere conto di aspetti peculiari del diabete quali necessità caloriche correlate all’età (1000 + 100 calorie per ogni anno di vita fino a 12 anni), calorie che devono derivare dai carboidrati per il 40-60% con limitazione dei soli zuccheri semplici e considerato che, come si è detto, la dieta mediterranea rispetta i criteri di una alimentazione corretta per il giovane con diabete. È essenziale la formazione delle famiglie e, in particolare, delle madri, ad adottare in cucina tutta una serie di misure operative e tecniche atte a migliorare la compliance valutando l’efficacia della alimentazione sul controllo metabolico dei loro figli.

Bisogna spiegare, quindi, che sul piano alimentare i bambini italiani, campani in particolare, risultano essere particolarmente fortunati rispetto ai coetanei con la stessa patologia che vivono in altri Paesi Europei o, peggio ancora, negli USA. In Italia, infatti, gli alimenti cardine della dieta contadina e mediterranea sono i cereali (da Cerere, la Dea romana dell’Agricoltura) ed i legumi (da legum che significa raccolto) la cui caratteristica principale è il lento e costante assorbimento. Recenti ricerche, alcune delle quali svolte anche presso il nostro Centro, hanno dimostrato che alcuni fattori come la preparazione dei cibi, il condimento utilizzato, l’associazione delle pietanze tra di loro e perfino il tipo di cottura possono, agendo in modo singolo o in interazione, modificare l’assorbimento e, dunque, il picco iperglicemico post prandiale dei bambini con diabete mellito (Giorda, 2007).

In conclusione, si può affermare che il rapporto che il paziente con diabete in età evolutiva ha con l’alimentazione è caratterizzato da una spiccata valenza di carattere simbolico ed emotivo. Ciò giustifica pienamente una attenta educazione non solo ai criteri di alimentazione, ma alla gestione psicologica dell’intero processo terapeutico. Uno dei compiti fondamentali del Team Diabetologico è, quindi, quello di educare il paziente e, soprattutto, l’intero nucleo familiare ad uno stile di vita compatibile con le necessità terapeutiche. Ciò è particolarmente importante in età pediatrica perché è questa l’età in cui si strutturano i gusti e le abitudini che accompagneranno l’individuo in età adulta. Una corretta alimentazione in età pediatrica è la premessa ad una corretta alimentazione anche nelle successive fasi della vita.

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TERAPIA INSULINICA MULTIINIETTIVA

L’attenzione alle problematiche della programmazione del piano alimentare attuata in pediatria si è arricchita, negli ultimi anni, di nuove regole e leggi per integrare l’alimentazione con sempre innovativi schemi insulinici (analoghi dell’insulina e terapia basal-bolus) e con le moderne tecnologie. Da qui l’introduzione nella pratica clinica della regola del calcolo dei carboidrati e della sensibilità insulinica. Si tratta di veri e propri algoritmi matematici che correlano, nel migliore dei modi, la dose insulinica alla quantità ed al tipo di alimento assunto. Tali algoritmi, i cui risultati sono spesso generati dagli stessi microinfusori, reflettometri (per i pazienti in terapia multi-iniettiva) e holter glicemici, hanno anche la possibilità di essere modificati dal medico, dal nutrizionista, dall’infermiere e, infine, dal paziente stesso, sulla base di precedenti esperienze.

La terapia insulinica multi-iniettiva è quella che si insegna già durante il primo ricovero e prevede la somministrazione di boli di insulina rapida umana o analoghi rapidi prima dei pasti principali e la somministrazione di insulina basale una volta al giorno: al momento di andare al letto la sera oppure, sempre più spesso, a colazione. L’educazione prevede, in questi casi, una serie di lezioni pratiche sulla somministrazione di insulina, sulla rotazione dei siti di iniezione, sulla adozione di una serie di manualità per rendere la somministrazione del farmaco meno fastidiosa possibile e, contemporaneamente, efficace, ma anche sulla conservazione dell’insulina, sul suo trasporto ecc.

Nel nostro Centro sono previste tre lezioni teoriche svolte dal personale sanitario in reparto durante la degenza. Due lezioni sono svolte da pediatri diabetologi ed hanno come argomento:

  1. cosa è il diabete, la patogenesi della patologia, come riconoscere, prevenire e curare le ipo e le iperglicemie, come effettuare l’autocontrollo;
  2. la gestione della terapia insulinica, conservazione dell’insulina, la tecnica di somministrazione, la gestione delle malattie intercorrenti ed il problem solving”.

La terza lezione è svolta, invece, dalla Nutrizionista che ha il compito di spiegare nozioni teoriche e pratiche sulla alimentazione corretta.

Il personale utilizza presentazioni di power point (diapositive) che scorrono su un i-pad utilizzato appositamente già al letto del paziente e i cui contenuti vengono inviati alle famiglie via mail al termine della lezione in modo che i pazienti stessi possano avere il materiale anche a casa.

Il personale infermieristico del reparto, invece, svolge un lavoro prevalentemente tecnico ed è accanto ai genitori nel momento in cui devono mettere in pratica sui propri figli quanto hanno appreso durante le lezioni. In particolare, spiegano la tecnica di somministrazione dell’insulina al momento dei pasti in reparto, controllano la correttezza dei gesti dei genitori, incoraggiano l’autogestione e verificano che il genitore abbia ben appreso e sia in grado di mettere in pratica le istruzioni ricevute.

Al termine del processo educativo sia i medici che gli infermieri completano un modulo precompilato che attesta il raggiungimento dell’acquisizione delle nozioni di base che permettano alla famiglia di tornare a casa sufficientemente preparata.

Molto importante è la corretta comprensione di termini medici relativi alla patologia diabetica con i quali, di solito, i genitori di bambini neodiagnosticati non hanno grande dimestichezza. In tabella 1 abbiamo riportato il glossario che utilizziamo in reparto messo a disposizione del giovane e della famiglia.

Tabella 1: Esempio di “traduzione” dei termini medici

GLICEMIA

concentrazione del glucosio nel sangue. Ricordarsi nella misurazione al dito di avere le mani calde, asciutte e pulite

CHETONEMIA

concentrazione dei corpi chetonici nel sangue. Esistono dei reflettometri che, su goccia di sangue, ne permettono la rilevazione

CORPI CHETONICI o CHETONI

(Acido aceto acetico, Acetone, Acido beta-idrossibutirrico) sono acidi organici prodotti dal fegato dal metabolismo dei lipidi

GLICOSURIA

presenza di glucosio nelle urine

CHETONURIA

presenza di chetoni nelle urine

INSULINA

ormone prodotto dalle beta cellule del pancreas. La sua funzione principale è quella di permettere l’ingresso nelle cellule del glucosio

PANCREAS

ghiandola addominale annessa all’apparato digerente. Le sue funzioni principali sono: produrre il succo pancreatico (necessario per la digestione), produrre ormoni endocrini come l’insulina e il glucagone

AUTOANTICORPI

anticorpi il cui bersaglio non è un agente esterno patogeno (batteri, virus) o non patogeno (allergeni) ma una o più sostanze dell’organismo stesso

AUTOANTICORPI CHE DEFINISCONO IL DIABETE TIPO 1 (AUTOIMMUNE)

ICA (anti Insule Pancreatiche), GAD (anti Acido Glutammico), IA2 (anti tirosinchinasi), IAA (anti-Insulina), ZnT8 (anti Zinco nei linfociti T)

EMOGLOBINA GLICOSILATA (HbA1c):

Si tratta della percentuale di emoglobina alla quale è legato in forma stabile il glucosio. È usata per identificare la concentrazione media del glucosio ematico degli ultimi 3 mesi, periodo di emivita medio dei globuli rossi. La glicosilazione elevata è associata a un maggior rischio di complicanze croniche del diabete. Il range di HbA1c ideale da raggiungere varia con l’età poiché deve tener conto anche del rischio di ipoglicemia che aumenta per HbA1c troppo basse:

  • Età prescolare (0-6 anni) : HbA1c tra 7,5-8,5 %
  • Età scolare (6-12 anni) : HbA1c <8 %
  • Età adolescenziale (12-18 anni ): HbA1c <7,5 %
  • Età adulta : HbA1c< 7 %

FENOMENO ALBA

Aumento dei livelli di glucosio nel sangue nelle prime ore del mattino, all’alba, prima del risveglio (di solito dopo 05:00). Può essere provocato dall’aumento notturno della secrezione dell’ormone della crescita, da una maggiore resistenza all’azione dell’insulina e dall’aumentata produzione epatica di glucosio

Come esempio, per quel che riguarda la terapia insulinica, considerato che è importante variare spesso la sede di iniezione per evitare l’accumulo del farmaco e la lipodistrofia, nel nostro centro l’azione educativa si avvale del supporto della figura riportata nella Figura 1.

Figura 1: Immagine per supportare gli obiettivi educativi di variare le sedi di somministrazione dell’insulina per via sottocutanea e di conservare adeguatamente l’insulina

  1. L’insulina non deve essere mai congelata.
  2. Le alte temperature danneggiano l’insulina. Pertanto per sicurezza l’insulina non in uso dovrebbe essere conservata in frigorifero alla temperature di 4-8°C.
  3. L’insulina in uso (penne, cartucce, flaconi) può essere conservata a temperatura ambiente, purché lontano dalle fonti di calore. Infatti l’insulina conservata a temperatura ambiente provoca minore irritazione cutanea.
  4. Dopo 4 settimane dal primo utilizzo l’insulina (penne, cartucce, flaconi) va cestinata;
  5. Durante i viaggi si raccomanda il trasporto in borsa termica. In aereo deve essere conservata nel bagaglio a mano per evitarne il congelamento.

Lo schema insulinico più utilizzato in Pediatria è quello definito “basal bolus” che prevede, cioè, l’utilizzo di insulina basale e boli di insulina ai pasti. L’insulina basale aiuta a controllare le oscillazioni glicemiche nelle 24h. L’insulina ad azione rapida, invece, che può essere insulina umana regolare o analogo ultrarapido, è somministrata prima dei pasti principali (colazione, pranzo e cena).

Dopo la somministrazione, quando la glicemia è nel range della normalità (80-180 mg/dl), bisogna attendere 15 minuti prima di mangiare.

L’insulina rapida si utilizza, inoltre, per correggere le iperglicemie lontano dai pasti principali e per pasti o snack extra.

Tutto ciò comporta almeno 4 punture sottocutanee al giorno con notevole disagio, soprattutto considerando che si tratta di bambini e adolescenti. Recentemente, nel nostro Centro abbiamo condotto una sperimentazione sull’utilizzo di un “i-port”, un cataterino sottocutaneo che permette la somministrazione di insulina senza dolore (Troncone, 2017)

Alla luce dell’impegno che la terapia insulinica richiede ed al fine di ottenere una attenta e precisa aderenza al piano terapeutico, è essenziale trasmettere sicurezza e fiducia al giovane e alla famiglia ma, al tempo stesso, bisogna insegnare loro il rigore nel rispetto delle regole e nella applicazione della tecnica di somministrazione corretta. In particolare:

  • nel caso del bambino piccolo, la formazione delle famiglie va effettuata coinvolgendo tutte le figure parentali addette alla cura del piccolo, compresi i nonni o la babysitter;
  • nel caso del ragazzo/adolescente, l’educazione va centrata elettivamente su di lui facendo leva sul suo senso di responsabilità e sul suo desiderio di indipendenza ma, al contempo, spiegando sempre anche ai genitori il fine e gli scopi della corretta terapia.

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GESTIONE DELL’IPOGLICEMIA E DELL’IPERGLICEMIA NEL PAZIENTE CON DIABETE MELLITO TIPO 1

Sicuramente una parte essenziale dell’educazione terapeutica al paziente ed alle famiglie riguarda la prevenzione e la gestione delle iperglicemie e delle ipoglicemie.

È utile ricordare che per ipoglicemia intendiamo una glicemia inferiore a 70 mg/dl e, in base alla gravità dei sintomi possiamo distinguere:

  • Ipoglicemia lieve/moderata = Glicemia < 70 mg/dl con bambino cosciente e in grado di deglutire;
  • Ipoglicemia severa = Glicemia < 70 mg/dl con bambino con perdita di coscienza e/o convulsioni.

L’ipoglicemia, in genere, è la conseguenza di uno sbilanciamento tra dose insulinica, carboidrati assunti ed esercizio fisico; raramente è un evento spontaneo e casuale.

Innanzitutto, all’interno dell’educazione terapeutica è necessario insegnare ai giovani ed al genitore quali sono i sintomi di una crisi ipoglicemica.

L’ipoglicemia può presentarsi con diversi sintomi, ma può anche essere asintomatica, cioè non avere alcuna manifestazione. I principali sintomi sono: tremore, sudorazione fredda, pallore intenso, sensazione di fame intensa, nausea, difficoltà nell’articolare il discorso, cambi improvvisi di comportamento, agitazione o, al contrario, eccessiva calma, confusione.

Anche se durante il primo ricovero il tema dell’ipoglicemia è affrontato con molta accuratezza, tuttavia i sintomi possono essere molto differenti da un bambino all’altro e, soprattutto, l’ipoglicemia può essere un fenomeno sporadico in alcuni e più frequente in altri. Inoltre, può capitare, sebbene raramente, che la gestione della eventuale crisi ipoglicemica debba essere condotta non solo dai familiari o dai conviventi del bambino ma anche da altri “caregivers” quali gli insegnanti, il personale scolastico, gli istruttori di educazione fisica, gli allenatori, ecc.

Questo è il motivo per il quale è previsto che il centro regionale di diabetologia pediatrica possa interfacciarsi anche con tutto il personale che opera in strutture frequentate da bambini con diabete.

Per tale personale, a parte il certificato rilasciato su richiesta dei genitori nel quale si spiega, con dovizia di particolari, come intervenire in caso di ipoglicemia, di iperglicemia o di emergenza, sono previsti veri e propri corsi di educazione che della durata complessiva di circa due ore e sono svolti presso il Servizio.

Molto importanti, inoltre, sono le esperienze di campo scuola educativi. Il nostro Centro, in collaborazione con l’analogo Centro dell’Università Federico II, organizza ogni anno, finanziati dalla Regione Campania, almeno 4 campi residenziali: 1 week end educativo per famiglie di bambini molto piccoli, 1 campo scuola settimanale al mare per bambini di età di latenza, 1 week end per adolescenti e 1 week end per giovani in transizione verso i centri per adulti.

I campi scuola sono importanti strumenti educativi non solo per i partecipanti ma anche per il personale sanitario che vi partecipa che ha modo di vivere con il paziente con diabete notte e giorno e affinare sul campo la propria preparazione perfezionandola “in diretta”. È interessante notare che, poiché durante i campi si aumenta di molto l’attività sportiva, aumentano di conseguenza proprio le ipoglicemie per cui il soggiorno educativo rappresenta un’ottima “palestra” anche per riconoscere e gestire al meglio le crisi ipoglicemiche.

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L’EDUCAZIONE TERAPEUTICA NEL PAZIENTE IN ETÀ PEDIATRICA CHE UTILIZZA LE TECNOLOGIE

Le tecnologie si stanno sempre più imponendo in Diabetologia Pediatrica ed in particolare l’avvento dei microinfusori sottocutanei di insulina, degli holter glicemici real-time e dei primi esempi di “chiusura dell’ansa” e di “pancreas artificiale” stanno, a poco a poco, entrando a far parte della routine terapeutica dei bambini e degli adolescenti con diabete mellito.

Più volte si è ribadito, però, il concetto che le tecnologie risultano utili soltanto se si è in grado di scegliere il paziente più idoneo ad utilizzarle e, recentemente, la Società Italiana di Endocrinologia e Diabetologia Pediatrica (SIEDP) ha elaborato delle raccomandazioni molto dettagliate (Pinelli, 2008) che suggeriscono i criteri di scelta del paziente, le modalità di impianto e l’educazione terapeutica specifica che devono essere la “conditio sine qua non” per evitare i “drop out” e i fallimenti terapeutici (Lombardo, 2011). L’abbandono della terapia con microinfusore è da evitare sia per lo spreco di risorse economiche e professionali che c’è dietro l’impianto di un microinfusore, sia per la ricaduta negativa sulla qualità di vita del paziente. Le linee guida della SIEDP parlano di una “via italiana” all’utilizzo del microinfusore, sostenendo con questo concetto il fatto che il microinfusore debba adattarsi alle peculiarità di alimentazione, di clima, di stile di vita, di usanze, di abitudini, di filosofia, di legislatura di un popolo.

L’efficacia della terapia con microinfusore in età pediatrica si potrebbe concretizzare in una più semplice gestione della variabilità glicemica che è maggiore nei bambini di pari età in terapia multi-iniettiva, dovuta alla incostanza dell’assunzione di cibo o di esercizio fisico tipico di questa età. Ancora, il microinfusore può essere utile per la possibilità di somministrare dosi di insulina molto basse (0,025-0,05 U/h), in maniera precisa ed accurata, considerando soprattutto la maggiore sensibilità all’azione dell’insulina da parte del bambino rispetto all’adulto. Inoltre, grazie alla forma e alla lunghezza dei cateteri, con il microinfusore abbiamo la certezza di erogare insulina nel tessuto sottocutaneo che nel bambino è assai meno rappresentato che nell’adulto (Zanfardino, 2014).

Non sorprende, pertanto, che la letteratura descriva l’uso del microinfusore come associato a buoni risultati terapeutici e riduzione del rischio di ipoglicemie (Pickup, 2008) e che il suo uso si stia progressivamente diffondendo.

Alla luce di tali considerazioni, risulta evidente la necessità di formare adeguatamente al suo uso sia il giovane paziente che il genitore.

Nella nostra esperienza, il microinfusore sottocutaneo di insulina è adatto soprattutto a bambini piccoli e a giovani adulti. L’adolescente non lo ama ed, in genere, anche i bambini che lo hanno indossato per molto tempo, tendono a rifiutarlo in adolescenza.

Una volta scelto il paziente e la famiglia adatti all’utilizzo delle tecnologie, è necessario improntare corsi specifici di educazione terapeutica che prevedano lezioni di base sull’uso dello strumento che comprendono il come impiantarlo, cosa significa la terapia insulinica infusiva continua, il come impostare e praticare i boli preprandiali e quelli di correzione ecc e lezioni “avanzate” sul calcolo dei carboidrati e sull’utilizzo delle funzioni avanzate dello strumento, sull’impostazione dei boli speciali (basale temporanea, bolo doppio, bolo ad onda quadra ecc).

Alle lezioni partecipa tutta la famiglia e, nel caso di bambini piccoli, anche gli eventuali caregivers. Mai come in questo caso, preferiamo lezioni individuali per evitare distrazioni in quanto l’argomento non è tra i più semplici ed occorre una buona concentrazione. Spesso al training partecipano anche gli esponenti delle ditte che producono i microinfusori che hanno una funzione molto importante, quella di rimanere continuamente aggiornati sui modelli e sulle performance degli strumenti che sono in continua evoluzione. Anche questo aspetto, la partecipazione degli informatori agli incontri educativi, è relativamente nuovo e, per certi versi, peculiare della Diabetologia Pediatrica, rispetto ad altre discipline.

Parlando di tecnologie avanzate, un altro aspetto da considerare è che oggi le tecnologie permettono di acquisire i dati glicemici, sia attraverso la digito-puntura, che la puntura da siti alternativi alla mano, sia attraverso l’acquisizione di profili glicemici in real time o differita (holter glicemici). Inoltre, permettono una rapida elaborazione dei dati, consigli sulla dose di insulina da iniettare, sia attraverso il micro che, in occasione dei boli, semplificando il calcolo dei carboidrati e ricavando automaticamente la dose di insulina in grado di metabolizzare i pasti.

Tutto questo, da un lato, porta ad aumentare smisuratamente i dati che il paziente può utilizzare, dall’altro, può comportare una difficoltà di elaborazione degli stessi con la necessità di una vera e propria alfabetizzazione informatica per pazienti con poca dimestichezza per le tecnologia.

Inoltre, c’è da chiedersi in che misura le tecnologie stiano modificando la partecipazione del giovane e della sua famiglia al processo di cura. Vale la pena riflettere, ad esempio, su quanto l’uso delle tecnologie possano associarsi al rischio di allontanare sempre di più il paziente dal medico, evento che talvolta accade, paradossalmente, “per eccesso di comunicazioni”. Ormai, infatti, i sistemi di comunicazione stanno modificando molto velocemente ed il paziente utilizza sempre di più sistemi per lo più gratuiti per interloquire anche con il proprio medico: “What’sApp”, “Facebook”, “Twitter” ecc. danno la possibilità virtuale di avere il medico on line a propria disposizione ma, allo stesso tempo, fanno perdere la possibilità di discussione calma e ponderata che era il principio dell’educazione terapeutica ad personam o di gruppo di un tempo (Afshar M, 1990)

Se da un lato, dunque, le moderne tecnologie con lo scarico dei dati e la comunicazione dei risultati del bambino sul tablet o sul telefono dei genitori può sortire l’effetto di tranquillizzare una mamma ansiosa che, in tal modo, ha sempre sotto controllo la glicemia del figlio, dall’altro una strategia terapeutica più flessibile, basata sull’adeguamento della terapia insulinica allo stile di vita quotidiano, si fonda su un maggiore affidamento di responsabilità al paziente che, talvolta, potrebbe vivere questo compito come eccessivamente oneroso. Un chiarissimo esempio di questa eventualità è il caso di una nostra paziente adolescente che dopo due anni di impianto del microinfusore si è sentita talmente responsabile del valore elevato di HbA1c raggiunto che ha preteso il ricovero affinché, riportando le sue parole “ci potessimo riappropriare del suo diabete per fare in modo che potesse nuovamente riaffidarsi a noi…”.

In altri termini, possiamo affermare che il mondo delle tecnologie sta facendo ampi passi in brevissimo tempo ed in una patologia cronica come il diabete sicuramente trova tantissime applicazioni. Tuttavia l’idea che “tecnologico è bello” e possa e debba essere di ausilio per tutti è una idea assolutamente peregrina, sbagliata e foriera di disillusione e fallimenti terapeutici e di risorse. L’approccio e il feeling, infatti, verso una terapia tecnologica può essere molto differente da una persona all’altra e anche da una famiglia all’altra e, spesso, le aspettative del risultato possono essere deluse se non si condivide il percorso tra medico e paziente (Zanfardino, 2013).

Risulta, pertanto, cruciale la necessità di discutere e valutare l’impatto di questa tecnologia sulla qualità di vita del paziente. L’effetto sulla qualità di vita è, infatti, stato considerato da numerosi studi come uno degli aspetti più rilevanti da esaminare per stimare l’impatto “globale” del microinfusore sul paziente con diabete. La maggior parte delle ricerche su tale aspetto hanno però dimostrato, ancora una volta, che il microinfusore è avvertito come un sicuro miglioramento della qualità di vita soltanto per i pazienti che sono stati accuratamente e correttamente selezionati per tale metodica terapeutica (Linkeschova, 2002).

Tali aspetti vanno attentamente considerati all’interno del percorso di educazione terapeutica che va attentamente personalizzato e modulato sulla base delle specificità del caso individuale e dello specifico momento della fase di vita attraversata. Ma è possibile prevedere quale potranno essere i possibili sviluppi nell’utilizzo delle tecnologie nella cura e nel monitoraggio del diabete?

È senza dubbio difficile prevedere quale potrebbe essere l’evoluzione di un mercato nel quale il business si deve confrontare continuamente con le richieste degli utilizzatori (medici, pazienti e famiglie), ma anche con i rischi costi-benefici (copertura assicurativa, possibilità di incidenti, previsione di rimborsi, ecc.) dell’introduzione di nuove tecnologie.

Il timore e i rischi di fallimenti di eccessive tecnologie la dicono lunga sul fatto che anche se il sistema “Sensor Augmented Pump” (SAP, che consiste nel far dialogare con il paziente sia il rilevatore di glicemie che il microinfusore per consigliare la dose di insulina da infondere e che in caso di ipoglicemia, sospende automaticamente l’infusione del farmaco) sta a poco a poco prendendo piede. È da molto tempo che sentiamo parlare di una tecnologia che potrebbe spingersi fino alla “chiusura dell’ansa”,che potrebbe, in altri termini, permettere di utilizzare il rilevamento in continuo dei dati glicemici per modificare automaticamentel’erogazione di insulina.

Fino a pochi anni fa, l’utilizzo di questi dispositivi nei trials clinici riguardava soltanto pazienti “chiusi” in un ospedale o in un laboratorio e osservati dagli sperimentatori in continuo. Recentemente, è stato utilizzato con successo un dispositivo closed loopin pazienti osservati durante le loro attività quotidiane (Russell, 2014). Quest’ultimo studio utilizzava un sistema di erogazione a due ormoni (insulina e glucagone) che rispondevano alle iper e alle ipoglicemie automaticamente sulla base dei dati ricevuti dal sensore glicemico e di un algoritmo calcolato dallo sperimentatore.

Possiamo ormai dire, dunque, che l’ansa è “chiusa”, anche se occorrerà ancora tempo per ottimizzare questi dispositivi e renderli disponibili a tutti nella routine. L’avvento del pancreas artificiale permetterà di sollevare il paziente da molte delle sue preoccupazioni “quotidiane”.

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CONCLUSIONI

L’avvento delle tecnologie più moderne nel monitoraggio e nella terapia del diabete mellito tipo 1 è una realtà in continua evoluzione che sta comportando un miglioramento della qualità di vita nel paziente soprattutto se scelto in maniera opportuna. Si stanno definendo i presupposti per iniziare ad immaginare un futuro ideale in cui le tecnologie porteranno a non dover più pensare a “quanta insulina fare momento per momento” perché una macchina ci pensa al posto suo. In realtà, ci sentiamo di affermare che questo paziente del futuro avrebbe altrettanto bisogno del suo Curante e di “prendersi cura” di sé. Dunque, l’educazione terapeutica del paziente, la conoscenza della malattia ed il rapporto con il Team curante non potranno passare in secondo piano neanche nel mondo del futuro in cui esisteranno pancreas artificiali “intelligenti”.

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Bibliografia
  • Afshar M, Memarian R, Mohammadi E (1990). The effect of group discussion on the quality of life and HbA1c levels of adolescents with diabetes. Patient Educ Couns. 16(3):217–29.
  • Giorda C, Iafusco D, Marzano D (2007). Alimentazione e Terapia Dietetica nel Diabete Giovanile e in Gravidanza. Collana Editoriale AMD – Pacini Editore
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